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Su Mes solo bandierine ideologiche. La sanità ha bisogno di quei soldi

ANNALISA GIRARDI
Europa/#MES

“Nel mezzo di un’emergenza sanitaria e con l’esigenza che ha la nostra sanità pubblica di essere ripensata, l’Italia ha bisogno dei soldi del Mes”.

 

Sabato notte il governo ha approvato la manovra economica da 40 miliardi di euro che dovrà fare i conti con la crisi economica innescata dalla pandemia di coronavirus. Ieri sera, invece, il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha rifiutato nuovamente l’ipotesi di ricorrere al Mes. Fanpage.it ha fatto il punto della situazione con il senatore del Partito democratico ed economista, Tommaso Nannicini, che ha sottolineato come il dibattito che si sta sviluppando intorno al fondo Salva-Stati nel nostro Paese sia ideologico e lontano dai dati concreti e come, al netto dell’emergenza Covid-19, la sanità pubblica nel nostro Paese abbia bisogno oggi più che mai di finanziare le giuste riforme.

La manovra approvata sabato notte dal governo ha le potenzialità per far ripartire l’economia dopo la crisi innescata dalla pandemia di coronavirus?

Non è solo una questione di cifre, ma di riforme. Queste cifre vanno accompagnate da riforme che diano un senso a questi investimenti: ad esempio, ok investire sulla scuola e sull’edilizia scolastica, ma accanto a questi investimenti va messa un’idea diversa di scuola, ripensando attività, tempi e spazi, aprendosi ai territori per farsi comunità educante. Altrimenti le cifre non bastano.

È anche una questione di tempistiche? Che cosa succederà se i soldi dell’Europa dovessero tardare ad arrivare?

I soldi del Next Generation Eu, al netto dei negoziati europei, arriveranno nel 2021. Sono ancora negoziati delicati, ma che ci sia stato un cambio di passo e una consapevolezza forte delle leadership europee sulla necessità di uno shock a livello europeo per aiutare tutti i Paesi, a maggior ragione un Paese ad alto debito come l’Italia, a uscire da questa crisi sembra ormai un dato assodato. Quei soldi ci saranno: il problema per l’Italia sarà spenderli bene. E spendere bene i soldi che già ci sono, come nel caso del Mes.

Ieri il presidente Conte ha nuovamente respinto l’ipotesi di utilizzare i soldi del Mes. Secondo lei gli argomenti che ha usato sono convincenti e legittimi, oppure sono figli di un’ideologia politica e di una pressione da parte del Movimento Cinque Stelle?

Gli argomenti che ha usato Conte sono curiosi nel metodo, prima ancora che nel merito. Il presidente Conte ha sempre detto che questa era una decisione da prendere in Parlamento. Non si capisce perché abbia cambiato linea. Questa discussione va fatta in Parlamento e va fatta pragmaticamente, quindi con argomenti più meditati di quelli pasticciati nella conferenza stampa. Il cambio di posizione di Conte crea anche un problema politico dentro la maggioranza, perché una delle poche cose che il leader del Pd ha ripetuto con chiarezza fino allo sfinimento negli ultimi mesi è che il Mes ci serve. Comunque, quando viene offerto un prestito ci sono due motivi per rifiutarlo: o le condizioni sono troppo esose, o non c’è bisogno di quel prestito. Francamente, non mi sembra il caso dell’Italia.

Conte ha detto che il risparmio sugli interessi proveniente dal Mes è talmente contenuto da non giustificare un ricorso al fondo…

Non è così se si considera un arco di dieci anni: se nell’immediato parliamo di qualche centinaio di milioni, in dieci anni si parla di miliardi. Non possiamo permetterci di avere una spesa di interessi aggiuntiva solo per difendere una bandierina ideologica: i risparmi ci sono. Quindi non esiste la prima motivazione per dire di no al Mes (che noi continuiamo a chiamare così, ma che in realtà è un fondo per gestire la crisi pandemica e per questo ha cambiato natura, finalità e condizionalità). Tra l’altro, se davvero ci sono delle condizionalità, ed è bene che lì ci siano, le troviamo sul Next Generation Eu, che invece tutti vendono come la manna dal cielo, come se l’Europa fosse un bancomat. Quello sul Mes è un dibattito un po’ lunare. È strano che si parli per il Mes di condizionalità (che non ci sono o ci sono in misura di gran lunga minore rispetto ad altri fondi) o si dica che sono prestiti che implicheranno maggiori tasse o minori spese in futuro, visto che questi argomenti valgono per tutti i debiti che stiamo facendo con i nostri decreti, leggi di bilancio o altri fondi europei. Il fatto che li si tiri fuori solo per il Mes dimostra che di bandierine ideologiche stiamo parlando e non di problemi delle persone.

Il presidente del Consiglio poi ha parlato di uno stigma per quegli Stati che chiedono di accedere al Mes…

Non c’è nemmeno un effetto stigma. Anzi, l’effetto stigma che a me fa paura è non prendere i soldi del Mes. Perché diamo un segnale ai mercati e ai nostri partner UE per cui di fronte a una linea di finanziamento rapida, importante e conveniente, l’Italia non fa niente perché è impegnata in un dibattito sulle bandierine ideologiche. Temo molto questo stigma sulla politica italiana, di confusione e instabilità. Infine, il secondo motivo per cui si potrebbero rifiutare i soldi del Mes sarebbe perché non ne abbiamo bisogno. Ma francamente, nel mezzo di un’emergenza sanitaria e con l’esigenza che ha la nostra sanità pubblica di essere ripensata, noi di questi soldi abbiamo bisogno. Invece che giocare con le bandierine, quello che mi aspetterei dal governo è un piano credibile e forte, che parli alla vita delle persone, di come ripensiamo la sanità pubblica e come intendiamo usare questi soldi.

Che aspetto dovrebbe avere questo piano? Come andrebbero utilizzati concretamente i soldi del Mes?

Per prima cosa dovremmo ripensare i servizi territoriali. Questo non vuol dire avere piccoli ospedali ovunque, con pochi casi e cattivi servizi. Ma vuol dire servizi territoriali vicini alle persone, ad esempio per fare pre-screening e poi dirottarle verso i grandi poli ospedalieri di qualità su tutto il territorio nazionale. C’è bisogno di ricreare una rete di strutture territoriali, di case della salute vicine alle persone. Poi penso all’assistenza domiciliare, alla telemedicina per malati cronici o persone con disabilità: c’è bisogno di andare nelle case di queste persone. E di investire nello stesso tempo su strutture ospedaliere che abbiano una qualità alta su tutto il territorio nazionale. Tutto.

Secondo lei perché in Italia assistiamo a questo dibattito molto acceso sul Mes, mentre questo non avviene negli altri Paesi europei?

Per lo stesso motivo per cui per anni siamo stati la Silicon Valley del populismo e dell’antieuropeismo. Nel nostro Paese c’è una discussione rispetto all’Europa fortemente ideologica, che è un errore anche di noi europeisti che fatichiamo a spiegare come l’Europa non sia qualcosa di estraneo a noi. C’è un dibattito molto ideologico e molto lontano da quella che dovrebbe essere la consapevolezza che l’Europa siamo noi e che dall’Europa possono arrivare risposte che non siamo in grado di dare da soli.

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