“Il Jobs act è un cantiere aperto, va completato, altro che abolito. Alcuni elementi di quella riforma, come le tutele crescenti in caso di licenziamenti illegittimi, non ci sono praticamente più, dopo la pronuncia del 2018 della Corte costituzionale, adesso c’è un semplice meccanismo risarcitorio tornato alla discrezionalità del giudice. Altri elementi dobbiamo completarli senza tornare indietro, come nel caso degli ammortizzatori sociali, che vanno sì rafforzati ma col taglio universalistico del Jobs act, evitando quindi di tornare a una cassa integrazione discrezionale, senza limiti temporali e solo per pochi. Altri ancora, è vero, non li abbiamo mai fatti sul serio, come politiche attive e della formazione degne di questo nome, perché noi abbiamo disegnato un impianto innovativo senza, tuttavia, il coraggio di metterci i soldi e superare la resistenza di Regioni e burocrazie. Poi, i 5 Stelle hanno reso quell’impianto del tutto inefficace con il reddito di cittadinanza, nonostante le tante risorse investite”.
A parlare è il senatore dem, economista alla Bocconi di Milano, Tommaso Nannicini, che sei anni fa, da palazzo Chigi, ha coordinato il team di esperti che hanno varato il Jobs act e i sette decreti legislativi collegati. “Assistiamo a un dibattito surreale – sottolinea -. Litighiamo furiosamente se tenere i dinosauri liberi o metterli allo zoo. Ma il problema è che i dinosauri si sono estinti da un po’. Non c’è nessun totem da abbattere o bandierina da difendere. Solo una riforma da completare per rispondere ai problemi delle persone”.
Senatore, in effetti la richiesta di tornare all’articolo 18 è suonata un po’ come un ritorno a dispute del passato…
Su quel punto, che non era neanche il principale, il Jobs act è stato pensato con un obiettivo chiaro. Dare a imprese e lavoratori la certezza della tutela risarcitoria in caso di licenziamenti per ragioni economiche. Per questo, le tutele crescenti erano ancorate a un meccanismo semplice: l’anzianità di servizio. Oggi tutto questo non c’è praticamente più dopo la sentenza della Consulta che ha bocciato il meccanismo di calcolo automatico dell’indennità risarcitoria, tornando alla discrezionalità del giudice. Al massimo, se proprio si vuole intervenire su questo aspetto, io espliciterei alcuni criteri per limitare la discrezionalità dei giudici. Per esempio: anzianità di servizio, gravità del caso e condotta nel processo.
Certo, ma settori della maggioranza chiedono il ritorno alla reintegra…
Non si capisce di quale articolo 18 parlino. Quello dello Statuto dei lavoratori del 1970? Quello rivisto dalla Fornero nel 2012? Uno del tutto nuovo anche per le piccole imprese? Se la reintegra è l’unico diritto che conta, perché non prevederla sempre e per tutti? Mistero. Anche con il Jobs act la reintegra è rimasta per fattispecie di licenziamento particolarmente gravi e discriminatorie. E i licenziamenti sono diminuiti anziché aumentati in questi anni. Si continua a parlare di un finto problema per ragioni strumentali e mancanza di idee. Che è un’ipocrisia lo si capisce dal fatto che ora alcuni propongono l’articolo 18 solo per i licenziamenti collettivi dove si stratta di sanzionare un vizio di procedura piuttosto che l’assenza di giusta causa come in quelli individuali, un paradosso. E tutto solo perché serve una bandierina, senza mai entrare nel merito.
Entriamo allora nel merito, il Jobs act non è solo riforma dei licenziamenti…
Esattamente. Ci sono altri tre cardini. Gli ammortizzatori sociali, che sono stati estesi e universalizzati con la Naspi. La lotta a tutto campo alle false collaborazioni e partite Ive, rafforzata dal decreto sui rider. E le politiche attive. Proprio perché penso che non esistano tabù, questi cardini, a 5 anni di distanza, possono essere migliorati. Quanto ai sussidi, ho proposto in Senato un salario di disoccupazione che elimini il decalage per gli over50 e dia un sussidio più forte ai giovani per agevolare formazione e riqualificazione. Ragazzi e senior sono due segmenti deboli del mercato del lavoro e vanno protetti meglio. Ma dentro il mercato del lavoro, non mantenendo in vita un posto che magari non esiste già più.
E sulle politiche attive, le vere incompiute del Jobs act?
Qui servono più risorse, come quelle del reddito di cittadinanza. Ma lo strumento dei 5 Stelle non sta funzionando al meglio perché si rivolge a due platee diverse, la povertà e la disoccupazione, che invece vanno aiutate con strumenti specifici. C’è poi tutta una trasformazione tecnologica da governare, senza lasciare sole le persone. Insomma, dico ai miei colleghi di maggioranza: litighiamo pure, ma meglio, nel merito delle questioni. Il mondo corre. Svegliamoci. Parliamo di robot non di dinosauri.