Area liberal dei Ds

Tommaso Nannicini
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Il mio intervento all’Assemblea Nazionale

Dopo il congresso di Pesaro, molti di noi hanno trovato particolarmente efficace la metafora di Michele Salvati: in base alla quale le mozioni congressuali non si erano rivelate buone “cartine di tornasole”. In particolare, la nostra mozione non era stata in grado- come cartina di tornasole- di misurare il tasso di riformismo dei DS, che ancora oggi rimane al di sotto del 70% (mozione Fassino più mozione Morando), ma anche al di sopra del nostro 4%. Da quella analisi scaturiva l’esigenza di inventarsi nuove e aggiornate cartine di tornasole, per misurare il tasso di riformismo del partito e dell’Ulivo. Ci siamo riusciti? Sì, ma non abbastanza. O meglio: sì, ma solo a tratti. E questo anche perché ci siamo confrontati con due ostacoli di non poco conto.
Il primo ha coinciso con la maggiore capacità della sinistra interna- più agguerrita sul piano organizzativo e anche più spregiudicata nel giocare con le divisioni- di accaparrarsi un potere di “fissazione dell’agenda”, indicando via via le priorità e l’approccio con cui affrontarle: giustizia, informazione, lavoro, tutto in un quadro di difesa dei diritti fondamentali. Queste battaglie sono state presentate come quelle che dovrebbero caratterizzare – come dicono loro – la “vera sinistra”, ovvero- viene da aggiungere – la sinistra col pedigree. Facendo intendere (o a volte dicendo esplicitamente) che altre prospettive – come quella liberalriformista – rappresentano un tradimento. Questo richiamo ai “valori” e all’identità tradizionale della sinistra è una prospettiva più che legittima (presente e agguerrita in tutta Europa, come ha dimostrato un recente seminario tenutosi a Firenze, che ha riunito le componenti di sinistra del socialismo europeo). Spetta a noi il compito d’indicare un’altra prospettiva, altrettanto legittima e altrettanto di sinistra: magari senza pedigree, ma con l’orgoglio di chi sente la responsabilità d’individuare da sinistra nuovi strumenti di governo.
Il secondo ha coinciso con la “testardaggine” con cui la maggioranza del partito ha continuato a voler essere “carne e pesce” nello stesso tempo. A volte, questa ambiguità (per niente “felice”) viene addirittura teorizzata. È la teoria dei due tempi: adesso, siamo all’opposizione e non c’è bisogno di pagare i costi che si devono pagare quando si è al governo; ogni guerra è guerra e ogni trincea è trincea, e quindi dobbiamo cavalcare qualsiasi forma di protesta. Poi, in un secondo tempo, elaboreremo e presenteremo il nostro programma: magari mandando un depliant elettorale un mese prima delle elezioni…Come se la credibilità della nostra immagine di forza di governo (e la probabilità di tornarci) non siano legate alla qualità della nostra opposizione, alle proposte alternative che sapremo mettere in campo nell’arco di una legislatura, al blocco sociale che sapremo costruire intorno a quelle proposte.
Dobbiamo porci l’obiettivo di aggirare questi ostacoli. Marcando con chiarezza una prospettiva liberalriformista, che sappia contendere alla sinistra interna il potere di fissazione dell’agenda. E tenendo aperto il dialogo e la collaborazione con la maggioranza del partito, per trascinarla su una trasparente dialettica delle idee. Certo, questo ci pone a volte nel ruolo un po’ paradossale dei fedeli guardiani di una linea- quella di Pesaro- che non abbiamo votato, ma è uno sforzo che dobbiamo continuare. Come fare? A mio avviso, dovremmo orientare la nostra azione politica sulla base di due criteri: la selettività dei contenuti e la distinzione degli strumenti.

La selettività dei contenuti

Per contendere ad altri il potere di fissazione dell’agenda, dobbiamo essere in grado di adottare alcune priorità. Due temi, a mio avviso, dovrebbero essere al centro della nostra azione politica: mercato del lavoro e globalizzazione. Non entro nel merito della prima questione, perché la relazione di Enrico Morando lo ha già fatto molto bene. Mi limito a sottolineare che su questo- e in particolare sulla “Carta dei diritti” proposta dall’Ulivo, che è la filiazione diretta della bozza Treu-Amato nata all’interno del gruppo “Artemide”- ci aspetta un’impegnativa battaglia politica. È vero, infatti, che la “Carta dei diritti” è già diventata la proposta ufficiale dell’Ulivo e dei DS, ma permangono molte resistenze politiche e culturali, che mirano a ridurla a una delle tante proposte presenti all’interno della sinistra (e neanche la migliore). Dobbiamo contribuire a diffondere l’idea che la “Carta” rappresenta la terza via riformista: tra la fuga in avanti verso l’azzeramento delle tutele proposta dal centrodestra e il ritorno all’indietro (verso le rassicuranti sicurezze nel posto di lavoro ritagliate su un mercato ormai in estinzione) propugnato da certi settori della sinistra. Un altro fronte che deve vederci in prima linea è legato ai temi della globalizzazione: sui quali, di fronte all’evidenza dei “fallimenti dello Stato” nelle economie nazionali, si stanno trasferendo- armi e bagagli- le parole d’ordine di una visione iper interventista e pregiudizialmente ostile al meccanismo di mercato. Anche qui, ci attende una battaglia culturale difficile ma decisiva.

La distinzione degli strumenti

Nella politica monetaria, si usa distinguere strumenti, obiettivi intermedi e obiettivi finali. Ogni strumento può far leva su obiettivi intermedi diversi per raggiungere lo stesso obiettivo finale. Noi disponiamo di tre strumenti, ognuno dei quali deve essere tenuto distinto dagli altri per assolvere al suo compito specifico. Abbiamo la mozione Morando: una componente interna ai DS che deve operare per instaurare nel partito una trasparente dialettica delle idee, “riacciuffando per i capelli” la maggioranza e spostandola su una piattaforma autenticamente riformista. Abbiamo “Artemide”: un gruppo trasversale di parlamentari del centrosinistra, che deve portare avanti la battaglia per la democrazia dell’Ulivo, individuando e contribuendo a far approvare regole trasparenti ed efficienti per la selezione della leadership e della linea politica dell’Ulivo a tutti i livelli. E abbiamo “Libertà Eguale”: un’associazione di cultura politica che deve offrirsi come strumento di elaborazione e di rinnovamento culturale per tutti i “riformismi” presenti nel centrosinistra. Tre strumenti, tre obiettivi intermedi, un unico obiettivo finale: misurare e accrescere il tasso di riformismo e di sinistra liberale all’interno dei DS e dell’Ulivo.