La prima versione di questo Position Paper è stata elaborata per Democratica da Tommaso Nannicini e Filippo Taddei ed è stata presentata nell’ambito del progetto WeThink. In Italia l’essere anziani si tramuta automaticamente nell’essere esperti, ed essere esperti rende immediatamente imprescindibili. Questa rappresentazione della realtà è parziale e dannosa per il Paese: se gli stipendi seguono l’anzianità, così deve fare anche il fisco.
Sintesi
Non c’è un paese, tra i principali paesi europei, in cui l’anzianità abbia
più centralità nella vita quotidiana e nel discorso pubblico dell’Italia. Quando volgiamo preoccupati lo sguardo al futuro e parliamo del necessario
cambiamento di questo paese, immediatamente scatta nella società italiana un riflesso condizionato: il ricorso all’anzianità. L’essere anziani si tramuta automaticamente nell’essere esperti, ed essere esperti rende immediatamente meritevoli di riconoscimento.
Questa rappresentazione della realtà non è solo parziale ma diviene
dannosa per il paese. Non è un dibattito intellettuale ma un atteggiamento
che ha ricadute concrete sulla vita delle persone. L’Italia è infatti l’unico tra
i principali paesi europei a vedere stipendi e redditi crescere automaticamente con l’anzianità. Quando il Governatore Draghi fece nel 2007 questa
osservazione, ne risultò uno dei discorsi più ignorati della storia di Banca
d’Italia.
Le generazioni più giovani di questo paese si trovano in una situazione
straordinaria da un punto di vista storico e unica tra i principali paesi europei. In una economia in sofferenza per la scarsa crescita economica e soggetta alle tensioni dovute alla necessaria trasformazione produttiva, sono i
lavoratori più giovani a pagare il prezzo della necessaria, ma mal congegnata, flessibilità del mercato del lavoro. Sono loro a ricevere stipendi più bassi
dei loro coetanei europei e americani, perché su di essi più che su ogni altro
si scarica l’effetto della scarsa crescita della produttività. Sono loro a pagare
in maniera sproporzionata il passaggio dal sistema retributivo al sistema
contributivo del nostro sistema pensionistico deciso nel 1995, per via di
pensioni attese ampiamente inadeguate. Sono infine ancora loro a sopportare sulle proprie spalle il costo delle riforme dei contratti di lavoro temporanei susseguitesi a partire dal 1997. Siamo di fronte a sperequazioni generazionali in passato sconosciute ed è quindi necessaria una risposta di politica economica straordinaria che passi per il sistema fiscale, il più potente
sistema di incentivi a disposizione della politica economica. È necessario
cambiare la tassazione del reddito: se gli stipendi seguono l’anzianità, così
deve fare anche il fisco. Abbiamo bisogno di un sistema fiscale che non sia
solo progressivo nei redditi ma anche nell’età