Il primo ricordo che conservo di Giulio Quercini, a cui per mia fortuna se ne sono sommati tanti altri nel corso degli anni, è una riunione del manipolo toscano della mozione Morando nel congresso dei Ds del 2001, con Anna Bucciarelli, Carlo Bossi, Antonio Spignoli e altre, altri. A un certo punto qualcuno ha detto: “Giulio, lo sai che hai dieci minuti per presentare la mozione?”. Lui ci ha guardati, ha fatto una pausa, ha sorriso e ha chiosato: “Dieci minuti mi servono giusto per salutare le compagne e i compagni”. Scatenando una risata collettiva.
Per anni, ho ricordato quella battuta col sorriso e lo faccio ancora adesso. Poi ho anche capito, però, che quella battuta nascondeva qualcosa di più, diceva molto della visione della politica di Giulio Quercini. Una politica in cui i ragionamenti sono un atto di fiducia verso le persone, in cui dilungarsi non vuol dire parlarsi addosso, tutt’altro, vuol dire stabilire una connessione con gli altri, accoglierli nella costruzione del più potente fattore di cambiamento che abbiamo a disposizione: il pensiero.
Una politica in cui la socializzazione delle masse (per usare parole dal sapore antico), soprattutto di quelle che partono da condizioni di svantaggio, non significa indottrinarle con slogan usa e getta, ma dotarle degli strumenti di pensiero in grado di emanciparle, di renderle indipendenti per farsi, appunto, fattore di cambiamento nel mondo.
Una politica che cambia il destino di chi vive i drammi del suo tempo, non di chi dirige i partiti del momento. Una politica lontana anni luce dalla semplificazione che ti avvicina ipocritamente alle persone per manipolarle, quindi mantenendone le distanze. Una politica lontana anni luce dai personalismi, dai carrierismi. Perché Giulio è stato fortemente uomo di partito — dalla Figc al Pci, dalla Toscana alla Sicilia e poi ancora dalla Toscana a Roma, col cursus honorum classico di chi il partito testava e selezionava tra i migliori — e ha pagato il prezzo di non rassegnarsi alla deriva dell’organizzazione “partito” a partire dagli anni ‘90.
Dell’impegno politico, come tutti quelli che l’hanno vissuto veramente, Giulio portava tutte le cicatrici. Ma non lasciava mai che quelle cicatrici lo portassero a scoraggiare chi era arrivato dopo. A noi giovani (giovani di allora) non dava mai l’impressione di dire, come fanno in tanti anche solo implicitamente: lasciate stare, non potete farcela. Al contrario, il messaggio che arrivava era: provateci, è il vostro tempo, e se volete qualche consiglio su come fare errori diversi dai nostri, io ci sono.
Del passaggio dal comunismo italiano alla sinistra liberale europea, Giulio è stato un esempio limpido, perché quel passaggio nasceva, appunto, dalla forza del pensiero. Non era ipocrita, frettoloso, tattico. Era vero, intimo, vissuto, anche autocritico. E forse proprio per questo è stato osteggiato da qualcuno che quel passaggio l’ha fatto frettolosamente, per tatticismo.
Giulio ha ricoperto tanti ruoli importanti di rappresentanza e direzione politica — consigliere regionale, segretario regionale, deputato, capogruppo, l’ultimo capogruppo alla Camera del glorioso Partito comunista italiano — ma per me la fase finale del suo impegno politico, l’esempio che ci ha trasmesso negli anni di Libertà Eguale, non hanno niente da invidiare agli anni delle responsabilità dirette. Giulio ha continuato a seminare fino all’ultimo, con la forza del pensiero e soprattutto dell’esempio. L’esempio di una politica diversa.
Il riformismo come romanticismo. Le idee e i contenuti come atto di resistenza, né attiva né passiva, ma consapevole e riflessiva, contro le degenerazioni della politica. I pensieri lunghi come atto di fiducia verso le persone. Questa è la lezione che, di sicuro a me ma penso non solo a me, ha lasciato Giulio Quercini.
Cara Lucia, cara Giulia, il manipolo di cui sopra si stringe intorno al vostro dolore e vi dà un forte abbraccio.
Caro Giulio, quando leggeremo un bel libro e ci verrà voglia di commentarlo con te, di sapere che cosa ne pensi, sicuri di ricevere una risposta visto che tu non puoi non averlo già letto prima e meglio di noi, scacceremo la tristezza di non poterlo fare pensando al tuo sorriso. Portandoci con noi il