In base alle prime indiscrezioni su quello che farà la Legge di bilancio rispetto al regime agevolato al 15% per le partite Iva con ricavi al di sotto di 65mila euro all’anno, sono subito partite proteste e preoccupazioni. In attesa del testo, senza il quale è complicato commentare, si possono intanto anticipare tre giudizi.
Primo.
Bene, molto bene, che si mantenga il regime agevolato fino a 65mila euro. Non sarebbe stato saggio tornare indietro. Anche se è stato giusto bloccare l’estensione del regime agevolato a chi ha ricavi fino a 100mila euro. La soglia attuale è già sufficientemente alta.
Secondo.
Bene che venga introdotto un limite di cumulo con il reddito da lavoro dipendente o da pensione. Il regime agevolato deve aiutare le vere partite Iva, non chi fa consulenze al margine di altre occupazioni principali. Speriamo, piuttosto, che la Legge di bilancio rimuova i paletti che sfavoriscono le forme associative tra professionisti, un’altra distorsione della vecchia norma.
Terzo.
Male, molto male, se si deciderà di abolire il regime forfettario per tornare all’analitico. Le partite Iva hanno bisogno di certezza e semplicità, non ha senso tornare indietro. La forza del forfettario è la semplificazione: non possiamo dire a chi ha aperto una partita Iva una settimana fa, sulla base di regole cambiate solo dieci mesi fa (e chiarite dall’agenzia delle entrate sei mesi fa), che tra due mesi cambia di nuovo tutto. Non scherziamo.
C’è da dire, infine, che la manutenzione del regime agevolato non basta per dare risposte ai tanti lavoratori autonomi, soprattutto giovani, nell’era dell’economia digitale e della conoscenza. Ci sono altri due temi da tenere vivi: equo compenso e welfare.
La partita dell’equo compenso va chiusa: nella scorsa legislatura si è fatto un passo importante sancendo questo principio per tutto il lavoro autonomo, ma mancano i decreti attutativi e, soprattutto, mancano regole certe che impediscano alla Pubblica amministrazione di sottopagare i lavoratori autonomi, uno scandalo che continua in troppi settori e per troppe professioni, vecchie e nuove.
Il cantiere del welfare per le partite Iva va tenuto aperto. Con il Jobs act del lavoro autonomo del 2017 (ne ho già discusso proprio qui su Medium) si erano fatti passi avanti importanti: aumentando le tutele su maternità e malattia, sospendendo i versamenti contributivi in caso di malattia grave, abolendo l’obbligo di interrompere l’attività per accedere ai propri diritti, rendendo strutturale l’indennità di disoccupazione per i collaboratori. Ma in quella legge c’erano deleghe mai attuate per rafforzare gli strumenti di welfare offerti dalla gestione separata Inps e dalle casse professionali. È un percorso che va ripreso, prevedendo per i lavoratori autonomi con bassi redditi la possibilità di usufruire di garanzie in caso di significativi cali di attività. E rafforzando ulteriormente i congedi parentali, la maternità e le tutele in caso di malattia.
Più certezza ma anche più diritti.