Il mio intervento del 28 novembre al Senato in risposta al Ministro Tria
Signor Ministro, lei e il suo governo state per entrare nei libri di testo di economia. Il problema è che state per diventare il caso di studio esemplare di una nuova fattispecie di politica economica: una politica economica espansiva con effetti recessivi. Un vero capolavoro. Fate nuovi debiti, aumentate il deficit programmatico di 1,2 punti di Pil rispetto al tendenziale e peggiorate il deficit strutturale di quasi un punto di Pil. Addirittura, le stime dell’Unione europea parlano di numeri maggiori, ma voi a quelle stime vi guardate bene dal dare risposta (non lo ha fatto neanche lei oggi, signor Ministro).
Gli effetti di questa politica in deficit, però, saranno negativi sulla crescita, perché intervenite sulla spesa corrente e non sugli investimenti. Per di più, aumentando una tipologia di spesa corrente con basso impatto sulla crescita. E perché state creando un’incertezza che sta già minando la fiducia di famiglie e imprese. L’aumento dello spread creerà presto una stretta del credito: per le imprese che vogliono investire e creare occupazione sarà più difficile trovare i soldi. Come se non bastasse, risorse importanti del bilancio pubblico saranno dirottate da impieghi produttivi verso la spesa per interessi. La Banca d’Italia ha parlato di un costo dello spread, in termini di spesa degli interessi sul debito, pari a 1,5 miliardi per quest’anno, per arrivare a 5 miliardi nel 2019 e a 20 miliardi nel 2020.
Insomma, state facendo una manovra espansiva, ma dagli effetti recessivi. E tutto questo per due motivi. Il modo disordinato e autolesionistico con cui avete impostato il dialogo con l’Unione europea, isolando l’Italia rispetto a tutti gli altri paesi. E la visione (o meglio: l’assenza di visione) che sta dietro alla vostra manovra di bilancio.
Primo motivo: l’Europa. Per carità, con l’Unione europea si deve negoziare anche in maniera dialettica, dicendo le cose che non vanno. Lo hanno fatto i governi a guida del Partito democratico, negoziando flessibilità di bilancio in cambio di riforme strutturali e investimenti, per dare ossigeno a famiglie e imprese nel breve periodo e rilanciare la crescita potenziale nel lungo. Tra l’altro, signor Ministro – lo dico per inciso – se i tanto vituperati bonus che ha citato non le piacciono, adesso potete cancellarli, le comunico che siete al governo.
Il problema è che l’attuale governo fa questo negoziato in un quadro disordinato, creando incertezza, riducendo la fiducia di famiglie e imprese, aiutando chi vuole scommettere contro l’Italia e, magari, chi tra un po’ si vorrà prendere ai saldi qualche pezzo del nostro tessuto produttivo o bancario. Siete passati dai toni bellicosi e dai proclami di guerra, con tanto di scarpe esibite sui tavoli e offese personali a chi rappresenta noi cittadini europei, alle suppliche un po’ imbarazzanti affinché l’Unione europea bocci, sì, la manovra e applichi le sanzioni previste dai Trattati, ma tra un po’. Non ora. Non prima delle elezioni europee. Questo comportamento ricorda quello di quegli studenti che, di fronte a una bocciatura, non se ne assumono la responsabilità e guardano oltre, ma fuggono dalla realtà, la nascondono e supplicano di non dirlo ai genitori. Il vicepresidente Salvini, in questa fuga dalla realtà, è arrivato a dire che la manovra non esiste finché non viene approvata dal parlamento, come se non esistessero un iter di bilancio e documenti ufficiali in cui il governo indica le proprie scelte al paese e ai mercati e contratta in maniera ordinata con l’Unione europea.
Tuttavia, e così arrivo al secondo motivo del disastro che state cucinando, il vero problema non è l’Unione europea, ma la vostra manovra. Il problema sono non gli zero virgola e i numeretti della legge di bilancio, bensì gli zero, le priorità sbagliate e le soluzioni che non ci sono: zero crescita, zero lavoro di qualità, zero sostegno alle famiglie con figli, zero sostegno alla non autosufficienza, zero investimenti (investimenti veri, non trucchi contabili).
Il vicepresidente Di Maio, a chi gli chiedeva dei costi dello spread, ha risposto: ma perché mi dite che questo spread ci costa, non è vero, parliamo di rendimenti a dieci anni! Non mi soffermo sulla castroneria economica, perché i costi dello spread purtroppo gli italiani li stanno già pagando. Mi soffermo sulla visione politica che sta dietro a quella frase, sull’idea che la politica non si debba preoccupare di che cosa succede tra dieci anni, non si debba preoccupare del futuro del nostro paese. Il futuro è la nostra vita, è il nostro benessere, è il paese che lasceremo ai nostri figli (e ve lo dice qualcuno che, purtroppo, non ha figli). Il futuro è il motivo per cui si dovrebbe fare politica. Il futuro non è una discarica dove nascondere le scorie radioattive della vostra incapacità di governo e delle vostre promesse irrealizzabili.
Per la vostra prima legge di bilancio, individuate due priorità: il fantomatico reddito di cittadinanza e pensioni anticipate per tutti, indipendentemente dall’invecchiamento della popolazione e, soprattutto, indipendentemente dalle reali condizioni di bisogno di chi attraversa una fase difficile della propria vita. Ma poi che fate? Non individuate misure concrete, non date risposte alle aspettative che avete creato, continuate con i proclami sui giornali e su Facebook, creando incertezza, rimandando tutto a due fondi le cui risorse comunque non basteranno a fare tutto quello che dite, prevedendo che in future le risorse possano passare da un fondo all’altro per spostare in avanti le tensioni e le lotte intestine tra i due partiti che sostengono il governo.
Insomma: il problema non sono i numeretti della legge di bilancio, il problema sono i vostri giochetti. Giochetti che mettono a repentaglio il benessere futuro delle italiane e degli italiani.