Quota 100 raccontata a mia madre

Tommaso Nannicini
#quota100

Ieri mia madre voleva parlare di Quota 100. Ho provato a raccontargliela così.

Il governo dice che ha cancellato la Riforma Fornero. Ma è falso. Le regole di quella riforma non cambiano. L’unica novità è che si aggiunge, solo per 3 anni, una strada in più per andare in pensione: chi ha almeno 62 anni di età potrà andarci con più di 38 anni di contributi. Sì, hai capito bene, questo vale solo per 3 anni e poi chi si è visto si è visto.

Ma è giusto? Beh, pensa a questo caso. Mario e Alessandro hanno lavorato per gli stessi anni: entrambi raggiungeranno 38 anni di contributi nel 2021. Mario compirà 62 anni nel dicembre 2021, Alessandro nel gennaio 2022. Sono praticamente identici. Con Quota 100, avranno lo stesso trattamento? No, perché il primo andrà in pensione a 62 anni, il secondo a 67. Tra Mario e Alessandro il governo ha frapposto uno “scalone” di 5 anni.

Di fatto Quota 100 è una “lotteria” di 3 anni, che avvantaggia solo alcuni, sperando nella loro riconoscenza alle prossime elezioni. Dopo questi 3 anni, esistono solo due possibilità. Lasciare lo scalone con tutte le ingiustizie che crea. Oppure rifinanziare Quota 100 con un’altra valanga di soldi. Soldi che però non ci sono. E a quel punto chi pagherà le pensioni dei giovani?

Nonostante duri per poco, infatti, Quota 100 ci costa un sacco di soldi: 55 miliardi nei prossimi 10 anni. Soldi nostri, di noi italiani. Pagheremo più tasse e faremo file più lunghe in ospedale per permettere a Mario e a quelli come lui di andare in pensione 5 anni prima. Lavoratori maschi con redditi più alti della media: saranno soprattutto loro a trarne vantaggio. E il conto lo pagheranno i giovani e 5 milioni di pensionati a cui il governo ha bloccato la pensione.

Ti sembra giusto? Eppure, con molti meno soldi, potevamo prenderci cura di persone in difficoltà. Per sempre, non solo per 3 anni.

Vuoi sapere chi? Luca, per esempio: un lavoratore edile che a 62 anni deve ancora salire su un’impalcatura, perché non ha 38 anni di contributi, impossibili da raggiungere nell’edilizia. Agostino, un infermiere di 62 anni che fa i turni di notte da 32. Cecilia, anche lei 62 anni, una lavoratrice autonoma che guida un furgone e non ce la fa più. Maria, che ha finito il sussidio di disoccupazione e non trova lavoro. Alberto, che oltre a lavorare si prende cura della madre non autosufficiente in famiglia. Tutti loro con Quota 100 non avranno niente.

Potevamo spendere meno soldi, liberando risorse per la crescita dell’economia, e aiutare queste persone. Facendo solo per loro — disoccupati, lavoratori in occupazioni pesanti, persone con disabilità e loro familiari — una “Quota 92”: mandandoli in pensione a 62 anni con 30 anni di contributi. Coniugando giustizia sociale oggi e sostenibilità delle pensioni dei giovani domani.

Lo so, mia madre tende a darmi ragione un po’ troppo spesso, ma era indignata per una misura così miope e ingiusta.