Dopo mesi passati a giocare a poker con i soldi degli italiani – con bluff e voltafaccia continui che hanno bruciato risorse pubbliche e fatto lievitare il costo del denaro per famiglie e imprese – la maggioranza ha approvato in fretta e furia una manovra che di fatto rimanda tutto a nuovi provvedimenti. Non solo non c’è niente per la crescita, i giovani, le famiglie e la sanità, ma si sono dimostrate un guscio vuoto anche le due principali bandiere della maggioranza: il fantomatico Reddito di cittadinanza le pensioni anticipate per tutti (indipendentemente dall’invecchiamento della popolazione e dalle reali condizioni di bisogno). Nessuna misura concreta, nessuna risposta alle aspettative create in questi mesi, solo ulteriori proclami e ulteriori promesse. E quindi ulteriore incertezza.
Tutto questo quando sarebbe bastato estendere il Reddito di inclusione e l’Ape sociale introdotti dal Pd, venendo incontro ai reali bisogni dei cittadini e risparmiando risorse da destinare alle vere priorità del Paese, a partire del taglio del costo del lavoro. Misure ignorate nella legge di bilancio del governo Conte, benché assolutamente realizzabili, come dimostra la contromanovra presentata dal Partito democratico. Il problema non è tanto quel 2,04% di deficit per il 2019 che ci fa ridere dietro da mezzo mondo: il problema saranno i prossimi anni. Quando scatteranno le clausole vessatorie sull’aumento dell’Iva, si materializzerà il debito implicito accumulato con le promesse irrealizzabili di pensioni anticipate per tutti e dovremo decidere se rinnovare gli interventi tampone messi frettolosamente in campo a soli fini di propaganda.
Una manovra così assurda e punitiva per la crescita non si era mai vista: è il primo caso nella storia di politica economica espansiva con effetti recessivi. Nuovo debito e aumento del deficit per cosa? Per intervenire sulla spesa corrente e non sugli investimenti: bloccate le assunzioni di migliaia di giovani nella Pa e nell’università, tagliate le risorse per il Terzo settore, clausole di aumento dell’Iva che sarà difficilissimo disinnescare e blocco dell’indicizzazione per le pensioni medie. Per via dell’abolizione dell’Iri e del superamento di Industria 4.0, ci saranno circa 7 miliardi di tasse in più a carico di chi lavora e produce in Italia. Una vera stangata, contro la quale società civile, sindacati e imprese saranno chiamati a far sentire la propria voce anche in piazza, visto che in Parlamento le opposizioni sono state private delle loro prerogative. Il Pd c’è e farà la sua parte.
Ciò che colpisce di questo governo, ancor più della trattativa con l’Europa in cui si è passati dai toni bellicosi alle suppliche di ritardare qualsivoglia procedura d’infrazione a dopo le elezioni europee, è l’assoluto disprezzo per il futuro. Emblematica in questo senso l’uscita del vicepresidente Di Maio che, a chi gli chiedeva conto dei costi dello spread, ha risposto che non esistono perché si parla di rendimenti a dieci anni. Al di là dell’evidente castroneria economica che si cela dietro a quella frase – dato che i costi dello spread imprese, famiglie e bilancio pubblico li hanno già subiti – a preoccupare è la visione che soggiace a un’affermazione del genere: quella per cui la politica non si debba preoccupare di che cosa succede tra dieci anni. Perché per 5 Stelle e Lega, purtroppo, il futuro è solo una discarica dove nascondere le scorie radioattive della loro incapacità di governare e delle loro promesse irrealizzabili.