«Il sistema previdenziale si può cambiare senza scassare i conti. Purché si chiuda la forbice tra due impostazioni sbagliate: risorse da tagliare o voti da blandire». Tommaso Nannicini, ordinario di Economia alla Bocconi, già sottosegretario a Palazzo Chigi e senatore pd, lo dice chiaro: «Le pensioni da decenni ormai sono terreno di caccia per chi cerca soldi e le taglia o per chi cerca voti e gioca con la lotteria delle Quote».
Professore, lei è il “padre” dell’Ape sociale. Come si esce dalla contrapposizione ideologica?
«Partendo da un fatto: il sistema contributivo ha bisogno di manutenzione, ma non si può tornare indietro perché garantisce equità tra generazioni e permette al sistema di restare sostenibile ed equo. Il passaggio al contributivo ha creato anche iniquità sociale. E qui bisogna intervenire».
Da dove partire?
«Considerando la doppia iniquità in atto. Quella legata alla precarietà del lavoro e alle carriere discontinue che caratterizzano soprattutto giovani e donne. E l’iniquità “tecnica” legata alle aspettative di vita tra le categorie: non tutti i lavori sono uguali. Bisogna trovare strumenti, simili all’Ape sociale, per chi vede allontanare l’età d’uscita e per vari motivi – disoccupazione, malattia, carichi di cura – non se lo può permettere».
E per gli altri? Possibile una flessibilità “buona”?
«Se la flessibilità è una necessità, come nei casi citati prima, giusto che lo Stato finanzi un’indennità ponte. Se invece è una preferenza, la flessibilità si paga. In che modo? Riequilibrando una disparità che esiste tra pre-1996 e post: si esce tutti allo stesso modo, con l’assegno calcolato in base ai contributi versati. Una sorta di Opzione Tutti».
Metodo fin qui applicato solo alle donne.
«Sarebbe il caso di estenderlo a tutti. Utile anche agire sul secondo pilastro, incoraggiando la previdenza integrativa. E spingere le imprese all’ “age management”, a gestire un passaggio graduale del personale senior alla pensione nell’ottica di un invecchiamento attivo che favorisca l’inserimento delle nuove leve».
I giovani alla pensione non ci pensano. La preoccupa?
«Per loro va pensata una pensione di garanzia per coprire i buchi in carriera. Ma soprattutto occorre contrastare lavoro povero, al nero, sotto soglia. Se sei precario tagli anche i figli. Figuriamoci il risparmio previdenziale».
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