Linkiesta

Che fai, mi multi? E io trasgredisco

Tommaso Nannicini
Economia/#economia

Il senso comune suggerisce che se vuoi ridurre un comportamento che produce costi sociali, come la guida in stato d’ebbrezza o l’evasione fiscale, una delle armi che puoi usare è quella di introdurre una sanzione monetaria, una multa. In modo che chi fosse tentato di trasgredire ci penserà due volte prima di farlo, pena il rischio di pagare la multa. Non è solo il senso comune a suggerircelo. È quanto ci aspetteremmo da individui razionali: se all’improvviso c’è la possibilità di essere puniti per una certa azione, la metteremo in atto di meno, soppesandone i benefici privati con il valore atteso dell’eventuale multa.

Ma è sempre così? Le sanzioni monetarie hanno sempre un effetto di deterrenza rispetto ai comportamenti che s’intende appunto sanzionare? Lo studio di due degli economisti più prolifici a cavallo tra economia comportamentale e sperimentale, Uri Gneezy e Aldo Rustichini, ci invita a pensare al problema in maniera più articolata.

I due hanno realizzato un “esperimento randomizzato” in dieci asili israeliani, dove per uno studio del genere s’intende che per valutare l’effetto di un intervento lo si assegna in maniera diversa a due campioni scelti casualmente (e per questo motivo identici prima dell’esperimento). Un campione di “trattamento” riceve l’intervento e un campione di “controllo” no. Solo così si può capire se l’intervento ha davvero un effetto. Nel loro studio, il comportamento che si vuole sanzionare è la cattiva abitudine dei genitori di andare a prendere i propri figli dopo l’orario di chiusura dell’asilo (le quattro di pomeriggio). Cinque asili scelti a caso sono stati quindi convinti a introdurre una multa per i genitori ritardatari, mentre negli altri asili il ritardo è rimasto vietato ma senza una sanzione monetaria. La multa cresce all’aumentare del ritardo ogni dieci minuti.

I risultati di Gneezy e Rustichini sono sorprendenti. Prima della multa, i genitori negli asili dei gruppi di trattamento e di controllo fanno gli stessi ritardi: all’incirca, nell’arco di una settimana, otto genitori finiscono per arrivare in ritardo (in asili che ospitano oltre trenta bambini ciascuno). Una volta introdotto il trattamento, gli asili in cui è prevista una multa vedono addirittura raddoppiare i ritardi nel giro di un mese. Dopo tre mesi, la multa viene tolta, ma a quel punto – altrettanto sorprendentemente – i due gruppi continuano a mostrare comportamenti diversi. Negli asili in cui per un periodo è stata introdotta la multa, i genitori continuano ad arrivare più in ritardo rispetto agli altri asili.

Perché i genitori rispondono in questo modo? La multa finisce per dare un prezzo al ritardo, che smette di essere un comportamento socialmente scorretto (perché magari non è bello approfittarsi della disponibilità di insegnanti che devono restare nell’asilo oltre l’orario di lavoro per colpa nostra) per diventare un servizio per cui possiamo pagare. Certo, se la multa fosse stata più alta, probabilmente avrebbe fatto il suo lavoro e avrebbe ridotto i ritardi. Ma il punto di Gneezy e Rustichini è un altro. Il fatto che prima ci fosse un contratto incompleto, regolato soltanto da norme sociali, fa sì che la sanzione monetaria abbia effetti imprevisti. E una volta che la norma sociale è stata rotta, e si è stabilito che arrivare in ritardo è un bene come un altro a cui può essere dato un prezzo, la frittata è fatta. (Senza contare la disutilità inflitta sui poveri bambini che vedono arrivare i genitori dei compagni ma non i propri…)

Attenzione, quindi: sanzioni (e incentivi) monetari possono essere uno strumento prezioso per influenzare i comportamenti individuali. Ma il loro effetto dipende dalla natura dei contratti impliciti e delle norme sociali che regolavano questi comportamenti in precedenza.

 

Per chi vuole saperne di più:
Uri Gneezy e Aldo Rustichini . “A Fine is a Price” . The Journal of Legal Studies, Vol. 29, No. 1. (Jan., 2000), pp. 1-17 Disponibile qui 

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