La Stampa

Dietro i piani Maga c’è solo ideologia

Tommaso Nannicini
Economia/#Dazi#europa#tariffe#usa

Forse un modo per combattere i dazi di Trump è provare a capirli. Nonostante la teoria economica sostenga che sono inefficienti, nonostante la storia mostri che le guerre commerciali portano disastri, e nonostante ogni giorno escano analisi che ne illustrano gli effetti negativi, perché i dazi piacciono proprio agli strati della popolazione destinati a pagarne il costo maggiore, sotto forma di prezzi più alti e meno lavoro? Al di là del merito, la verità è che i dazi non piacciono perché gonfiano il 730, ma perché ridanno un senso di dignità al lavoro e a certe comunità. Effimera o meno che sia questa sensazione.

Per capirlo, può aiutarci il filosofo di Harvard Michael Sandel, che ci mette in guardia dalla “mercificazione di tutto”: dall’espansione della logica di mercato in ogni sfera della vita. I prezzi, secondo Sandel, non si limitano a distribuire beni in modo efficiente, ma esprimono significati sociali. Dare un prezzo alla donazione del sangue, per esempio, trasforma in merce una pratica che dovrebbe riflettere altruismo, corrompendone il senso, scoraggiandola anziché promuoverla. In altre parole: è l’atto stesso dello scambio a modificare la natura di ciò che viene scambiato.

In questa ottica, i dazi, ancorché inefficienti, assumono un significato morale. Le importazioni a basso costo possono sembrare razionali, perché riducono il costo della vita e aiutano soprattutto chi ha redditi bassi, ma mandano anche un altro messaggio: che certi lavori e certe comunità valgono poco. Quindi – da questo punto di vista – i dazi restituiscono valore a chi se l’è visto togliere. E poco importa se gli esperti prevedono che non salveranno le fabbriche, ma ridurranno il reddito. Non sono lì, come detto, per il 730.

Piaccia o no, questa visione — che per certi versi dovrebbe essere anche di sinistra — viene oggi strumentalizzata dalla destra statunitense. Intendiamoci: i dazi promossi da Trump faranno disastri, perché sono troppo alti e verranno accompagnati dal solito mix di deregolamentazione e tagli alle tasse dei ricchi. Ma, allo stesso tempo, vanno incontro a un bisogno diffuso. Sbagliano i democratici americani a prendersela con gli “oligarchi”: le élite economiche sono contrarie ai dazi. Trump e i suoi li stanno adottando perché rispondono a un bisogno ideologico, non a un interesse oligarchico.

Il ministro dell’economia, Scott Bessent, l’ha detto chiaramente: “l’accesso a beni a basso costo non è l’essenza del sogno americano”. E ancora: “la prosperità non ha niente a che fare con le cianfrusaglie a buon mercato che arrivano dalla Cina”. Trump stesso ha ammesso che ci saranno svantaggi nel breve periodo, ma ne vale la pena per ridare forza all’economia e alla società americana. In fondo, l’idea che si debbano sopportare sacrifici iniziali (prezzi più alti) per approdare a una terra promessa (fabbriche che riaprono) accomuna tutti i fautori di un’ideologia, dai comunisti filosovietici ai neoliberisti dell’austerità. Il movimento MAGA non fa eccezione.

Questa analisi ha implicazioni precise su come rispondere alla politica economica di Trump. Non spiegando che i dazi producono costi sociali e fanno salire i prezzi (poi, se l’inflazione diventerà un problema serio, ci penseranno gli elettori a punire Trump, come hanno fatto con Biden). Non citando David Ricardo, l’economista inglese del Settecento che, con la sua teoria dei vantaggi comparati, ci ha spiegato perché il commercio internazionale rende più ricche tutte le nazioni che vi partecipano. Ma opponendo scelte economiche che affondano in criteri di giustizia. Opponendo un’ideologia positiva.

Come? Per esempio, tornando a investire nei servizi sociali e nel welfare di comunità, ovunque, anche nelle aree interne e meno popolate. Smettendo di trattare il terzo settore come un’agenzia interinale a basso costo del pubblico, a cui si affidano servizi essenziali attraverso bandi che implicano salari da fame. Riconoscendogli invece, anche sul piano economico, il valore che ha: quello di chi sa tenere insieme persone e comunità. Oppure, su un altro piano, investendo in politiche industriali che rilancino le nostre economie in linea col rapporto Draghi, e costruendo blocchi commerciali alternativi, che aumentino le barriere verso gli Stati Uniti e le riducano tra altri paesi. Perché da che mondo è mondo, i paesi che commerciano tra loro fanno meno guerre. Emancipazione delle persone. Lotta alle ingiustizie. Pace tra popoli. Forse la risposta ai dazi di Trump dovrebbe essere più ideologica (in senso positivo) e meno economicista. E lo scrive un economista.

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