Linkiesta

Euro sì-Euro no: ecco i veri effetti sull’Italia

Tommaso Nannicini, Paolo Manasse, Alessandro Saia
Europa/#europa

L’Euro è il convitato di pietra di qualsiasi discussione di politica economica nel nostro paese. Una discussione dove prevale spesso la voglia di schierarsi piuttosto che la voglia di approfondire. Si litiga e si piega qualsiasi evidenza empirica a favore della propria tesi. Per alcuni, l’Euro è un feticcio da difendere a tutti i costi, l’ancora di salvezza per non fare la fine della Grecia. Per altri, è l’origine di tutti i nostri mali, addirittura un “crimine contro l’umanità” (copyright del neosegretario della Lega, Matteo Salvini).

Ci sono ragioni politiche dietro a uno scontro così incandescente. Ma ci sono anche ragioni tecniche. In macroeconomia, è difficile valutare gli effetti di una scelta di politica economica, perché manca una stima credibile del “controfattuale”, di quello che sarebbe successo a un paese senza quella scelta. Se si legge il bel pezzo di Antonio Fatas su “The Euro Counterfactual” si capisce subito che ogni fazione, anti o pro Euro, può facilmente costruire comparazioni tra paesi per sostenere la propria tesi. Alcuni compareranno l’Irlanda alla Thailandia e altri la Spagna al Regno Unito. Per uscire da questo vicolo cieco, Link Tank propone un approccio diverso. Lasciamo che siano i dati e non le nostre preferenze a scegliere le comparazioni tra paesi più istruttive.

Per farlo, utilizziamo una metodologia statistica (il “controllo sintetico”) che, partendo da un gruppo di potenziali paesi “di controllo” con cui confrontare l’Italia, ne costruisce una combinazione, una sorta di Frankestein simile all’Italia, capace di mimare accuratamente l’andamento dell’economia italiana prima dell’ingresso nell’Euro. (1) Questa combinazione si chiama appunto “controllo sintetico” e permette di simulare che cosa sarebbe successo all’Italia se non avesse adottato la moneta unica. Come data d’ingresso, abbiamo considerato sia il 1 gennaio 1999 (inizio dei cambi fissi) sia il 1 gennaio 2002 (moneta circolante):  i risultati sono simili tra loro. (2) La differenza tra l’Italia e il suo controllo sintetico dopo quella data dovrebbe catturare l’effetto dell’Euro. I potenziali paesi di controllo che abbiamo utilizzato si dividono in due gruppi: gli stati membri dell’Unione Europea che non utilizzano l’Euro e i paesi Ocse non-europei.

Il nostro esercizio non ha nessuna pretesa di svelare rapporti di causa-effetto. L’analisi rimane meramente descrittiva, anche se ha il merito di essere guidata dai dati e non dalle scelte discrezionali degli osservatori. I limiti dell’esercizio sono molteplici. Il primo è che esistono “effetti di contagio” tra paesi. È come se doveste valutare l’effetto di un vaccino: per farlo, non sarebbe appropriato comparare due individui – a uno dei quali somministrate il vaccino e all’altro no – che vivono insieme, perché il vaccino avrà un effetto anche sull’individuo che non lo riceve riducendo la sua probabilità di ammalarsi. Il secondo limite è che si possono verificarsi shock successivi all’ingresso nell’Euro, che colpiscono le economie che costituiscono il controllo sintetico. Questo effetto è in parte catturato dai pesi assegnati dall’algoritmo. Ma in piccoli campioni non si può mai sapere e, soprattutto, l’esercizio perde di significato quando ci si allontana dalla data d’ingresso nell’Euro. Infine, potrebbero esserci “effetti di anticipazione”, per cui l’effetto si materializza ancor prima dell’introduzione della moneta unica.

Nonostante questi limiti, è interessante comparare l’andamento dell’economia italiana con quello del suo controllo sintetico dopo l’ingresso nell’Euro. Lo facciamo rispetto a quattro temi al centro del dibattito: commercio con l’estero; inflazione; rendimenti del debito pubblico; crescita e produttività. Il controllo sintetico e le conclusioni dell’analisi, infatti, cambiano da una variabile a un’altra.

Il confronto tra Italia e controllo sintetico conferma che non c’è stata nessuna impennata inflattiva dopo l’ingresso nell’Euro. Anzi, nella figura, si vede come l’avvio dei cambi fissi abbia coinciso con una riduzione dell’inflazione in Italia rispetto al suo sintetico. Dopo il 2001, le parti tra i due si invertono per un breve lasso di tempo, ma solo perché nel controllo sintetico l’inflazione diminuisce più rapidamente. Durante il periodo 1999-2009, la moneta unica è stata accompagnata da una riduzione del tasso d’inflazione medio pari al 16 per cento, anche se l’effetto è concentrato nel periodo con cambi fissi in attesa del circolante. Queste tendenze sono confermate dagli esercizi con serie storiche annuali riportate nel nostro dossier completo, che trova un effetto positivo quando il “trattamento” parte dal 1999 ma non dal 2001, anno dopo il quale l’inflazione è leggermente più alta in Italia.

Insomma, la conduzione della politica monetaria da parte della Bce, volta al mantenimento della stabilità dei prezzi, sembra aver contribuito a contenere le spinte inflazionistiche. Di sicuro, non si è prodotta quell’accelerazione improvvisa dei prezzi ormai acquisita nella vulgata popolare sulla transizione dalla Lira all’Euro. Resta ovviamente aperto il dibattito sulla bontà degli indici che catturano l’inflazione e sulla differenza tra aumenti dei prezzi reali e percepiti, che non riguardano la nostra analisi e per cui rimandiamo agli studi citati sopra.

 

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Note:

(1) Per maggiori dettagli sulla metodologia del controllo sintetico, si veda: Abadie, Diamond, Hainmueller (2010), Synthetic Control Methods for Comparative Case Studies: Estimating the Effect of California’s Tobacco Control Program, Journal of the American Statistical Association. Si vedano anche: Billmeier, Nannicini (2013), Assessing Economic Liberalization Episodes: A Synthetic Control Approach, Review of Economics and Statistics; Saia (2013), Choosing the Open Sea: The Cost to the UK of Staying Out of the Euro, Università di Bologna.

(2) Per ogni variabile presa in considerazione (commercio con l’estero, inflazione, rendimenti del debito, crescita e produttività), l’algoritmo ha costruito il controllo sintetico sulla base dell’andamento di quella variabile prima della data d’ingresso. Nel dossier completo, riportiamo tutti gli esercizi effettuati per la data d’ingresso con il migliore fit statistico (cioè quella per cui il controllo sintetico approssima meglio l’economia italiana prima dell’avvento dell’Euro).

(3) Come si vede, il controllo sintetico è composto da paesi diversi a seconda della variabile oggetto di analisi, con gli scandinavi e il Regno Unito che fanno di solito la parte del leone. Ma il valore aggiunto dell’algoritmo non risiede tanto nella scelta dei paesi, quanto nella scelta dei pesi che permettono al controllo sintetico di mimare l’andamento dell’Italia prima della moneta unica.

(4) Nella nostra analisi, abbiamo guardato a tre misure diverse del tasso di rendimento implicito di un titolo di stato (sia per i titoli a dieci anni sia per quelli a due anni): annualized redemption yieldredemption yieldinterest yield. Presentiamo la misura con il migliore fit statistico, anche se le altre due misure evidenziano un dividendo dell’Euro leggermente maggiore. Le discrepanze dipendono dai paesi usati nel controfattuale, come spiegato nel testo. Maggiori dettagli nel dossier completo.

(5) Abbiamo cercato di replicare l’esercizio del controllo sintetico anche sulla produttività totale dei fattori, ma il fit statistico molto povero prima del trattamento non ci ha permesso di raggiungere nessuna conclusione su quella variabile.

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