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Europa, la direzione è giusta

Tommaso Nannicini
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A Strasburgo, ieri, si è concluso il semestre di presidenza dell’Italia. Non solo. La Commissione Europea ha presentato una comunicazione in cui chiarisce i margini di flessibilità per l’applicazione delle regole fiscali. Non si tratta di una coincidenza. Il governo italiano spingeva da tempo in questa direzione. L’Europa sta quindi cambiando verso? Sì e no.

Le regole europee non cambiano di una virgola. Ma la Commissione, questo sì, ha messo nero su bianco a quali condizioni le regole esistenti potranno essere interpretate in maniera flessibile. Due “clausole” vengono enfatizzate: riforme strutturali e investimenti.

L’Europa si mostrerà di manica un po’ più larga con quei paesi che attueranno riforme strutturali, a patto che siano “rilevanti” e aumentino la “crescita potenziale” (al pari del nostro Jobs Act, per intenderci). Flessibilità in cambio di riforme che favoriscano la crescita e, in ultima istanza, la stessa sostenibilità delle finanze pubbliche. Si tratta di un’ottima scelta, anche se i criteri restano vaghi. Tutto dipenderà dalla credibilità con cui saranno usati. Se tutto si risolverà in un braccio di ferro per cui la flessibilità esiste per i paesi politicamente influenti e meno per gli altri, gli effetti saranno nulli se non controproducenti. C’è da sperare nella saggezza di tutti.

Con la seconda clausola, si precisa che le risorse che gli stati membri devolveranno al nuovo Fondo europeo per gli investimenti strategici previsto dal Piano Juncker non saranno conteggiati ai fini dell’applicazione delle regole fiscali. E che avranno un po’ di flessibilità in più quei paesi che effettueranno investimenti produttivi a livello nazionale. Anche qui, si tratta di una buona scelta.

Il piano Juncker, tuttavia, ha molti limiti. Si sbandierano 315 miliardi di investimenti, ma soltanto 21 arrivano da risorse comunitarie (16 dal bilancio dell’Unione e 5 dalla Banca europea per gli investimenti). Il resto dovrebbe arrivare da risorse private, in base all’assunzione del tutto irrealistica che ogni miliardo di spesa del fondo attivi investimenti privati per altri 15.

Insomma: su riforme strutturali e investimenti si sono compiuti due passi nella direzione giusta. Due passi importanti e da non sottovalutare. Ma ancora troppo corti.