Professor Nannicini, sono quindi rientrati i dubbi del Pd sulla convocazione degli Stati generali dell’economia di Conte?
«Continuo a pensare che la politica dovrebbe assumersi le sue responsabilità e non si possa risolvere l’assenza di una visione e di un indirizzo appaltando il compito ad altri. Prima del Covid ci sono stati i tavoli del programma dove si è fatta una lunga lista di priorità senza sciogliere i nodi. Poi le task force, che servono solo se la politica offre un quadro chiaro altrimenti alimentano solo l’entropia. Ora si parla di Stati generali senza che ci sia un disegno a monte».
Metodo sbagliato o è un modo per rinviare le decisioni?
«Si perde di vista la responsabilità della politica che è quella di dare un indirizzo. È giusto portare nel concreto questo indirizzo coinvolgendo le parti sociali, esperti e terzo settore. Ma non è che lo troviamo magicamente con adunate tipo Woodstock o Zoom-call non si sa bene chi. La politica deve dire al Paese in che direzione intende andare, senza appaltare le scelte ad altri, in modo da poter dire che se le cose vanno bene è merito mio, se vanno male è colpa delle task force. E’ un metodo un po’ avvocatesco per non prendersi responsabilità. E intanto il Parlamento non sa nulla. Penso siano più utili le aule parlamentari di villa Pamphili».
Questo ricorrere agli esperti non pensa serva anche a Conte per portare i 5S su posizioni più congrue?
«Siamo in un governo di coalizione in una legislatura che ha messo insieme maggioranza eterogenee E molto difficoltose. L’esigenza di trovare un’intesa c’è, ma non ne usciamo solo smussando gli angoli, o con task force, tavoli e comitati. Serve un indirizzo, una missione».
Nel “Piano per la ricostruzione” deve trovare posto anche il Mes?
«I fondi del ‘Recovery Fund’ arriveranno quando arriveranno. Importante è che Italia si prepari ad usare le linee che l’Europa ha messo in campo: Sure per la cassa integrazione, il Mes per la spesa sanitaria. Queste linee vanno attivate subito».
Il M5S, e anche la Lega, sostengono che il Mes non serve perché la Bce compra il nostro debito che possiamo continuare quindi a fare. Che ne pensa?
«E’ un dibattito molto ideologico e molto italiano. Ovviamente le linee del Mes vanno valutate rispetto a tassi e scadenze, ma è abbastanza prevedibile che sarebbe una follia lasciarle inutilizzate».
Si può autorizzare il ricorso al Mes con i voti di FI, qualora i 5S si chiamassero fuori?
«Vedremo, ma avrebbe ripercussioni politiche non da poco sulla maggioranza. Io mi auguro un dibattito sui temi e non sulle sigle. Ed è per questo che sono molto critico sul fatto che non abbiamo dato un mandato chiaro in Parlamento al governo. Non abbiamo mai votato su cosa doveva dire all’Europa e questo lo considero un errore».
Ma se si fosse votato la spaccatura sarebbe emersa
«Questo però rende più debole il Paese in Europa, sulla quale non possiamo scaricare le nostre contraddizioni interne. Se sbagliamo la politica economica dei prossimi sei mesi le conseguenze le pagheranno le prossime generazioni».
Quali investimenti servirebbero al nostro Paese e quali i più rapidi da realizzare?
«Non abbiamo mai affrontato il nodo della riforma della pubblica amministrazione. La macchina pubblica deve essere in grado di tornare a creare valore. Inoltre non abbiamo bisogno di opere faraoniche, ma di micro investimenti infrastrutturali. Penso, per esempio, all’edilizia scolastica, sportiva per il rilancio delle aree interne».