Non è chiaro che cosa intendesse il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, quando ieri, durante un evento di Bloomberg, ha adombrato l’ipotesi di un possibile aggravio fiscale per tutte le imprese – grandi, piccole e medie – non solo per le banche. “Saranno chiesti sacrifici a tutti”, ha dichiarato, aggiungendo che si arriverà “a tassare i profitti di chi li ha fatti”. Prima di addentrarci nell’analisi del merito di questo annuncio, ci sono due aspetti che saltano subito all’occhio. Il primo è l’inutile incertezza che crea una simile dichiarazione, con la legge di bilancio ancora da scrivere e i mercati aperti.
Sembra quasi che Giorgetti avesse una gran voglia di mettere le mani avanti, per anticipare le critiche che arriveranno anche dall’interno della sua maggioranza (e magari del suo stesso partito) per una manovra dura, che non si limiterà a distribuire bonus. Questa voglia lo ha spinto, nonostante la sua consueta cautela, a fare un annuncio che ha generato inutilmente incertezza, subito percepita nel nervosismo di Piazza Affari. Quando il governo Amato varò la tassazione straordinaria sui conti correnti non lo anticipò neanche al governatore della Banca d’Italia, per evitare turbolenze (e all’epoca non c’erano ancora i social media). I prelievi, quando servono, si fanno e poi si spiegano. Non si annunciano.
Il secondo elemento è che un ministro dell’economia torna a parlare di sacrifici fiscali. Era tanto che non si sentiva una retorica pubblica di questo tipo. Giorgetti ha detto che “ci sarà una chiamata di contribuzione per tutti”. Non solo sui profitti, ma sui redditi (come ha specificato abbassando quasi la voce). Non solo sul privato, ma sulla pubblica amministrazione, che sarà chiamata a fare di più con meno risorse. Ha citato l’articolo 53 della Costituzione, che – ricordiamolo – stabilisce che “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”. Ascoltandolo sembrava di sentire Ciampi, Padoa-Schioppa o Monti. I tempi stanno cambiano e ci stiamo lasciando alle spalle la retorica del debito buono e della spesa facile che ha caratterizzato gli ultimi anni. C’è da capire come maggioranza e opposizione reggeranno a questo cambio di fase.
Veniamo al merito dell’annuncio di Giorgetti. Di sicuro, l’Abi ha portato a casa che nella prossima legge di bilancio non ci sarà una replica della vituperata tassa sugli extraprofitti delle banche. Ci sarà un sacrificio per tutte le aziende. Ma non è chiaro di quale natura. Una prima interpretazione potrebbe far pensare a un’addizionale straordinaria nella tassazione d’impresa. Ma l’enfasi sugli extraprofitti rimanda piuttosto a una misura ad hoc, in cui ci si arrampica sugli specchi per costruire un parametro di profitti “eccezionali” o “cattivi” (perché fatti da chi vende armi o estrae petrolio) e quindi politicamente tassabili senza contraccolpi. Peccato che di solito queste misure, asistematiche e pasticciate, finiscono per non funzionare, colpendo anche chi non si intendeva tassare, o non tassando nessuno, lasciando così un buco nelle casse dello Stato. Per passare dalla retorica dei sacrifici a una legge di bilancio politicamente accettabile per questa maggioranza, il percorso è irto di ostacoli. E l’improvvido annuncio del ministro dell’economia sta lì a ricordarcelo.
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