Lo stop ai voucher non chiude la partita delle regole sul lavoro accessorio: lo afferma l’economista Tommaso Nannicini, coordinatore del programma del Pd di Renzi.
Come valuta la decisione del governo?
Abrogato questo istituto, si dovrà aprire un confronto per evitare che i lavori davvero occasionali non finiscano in nero. Abbiamo sempre detto che di fronte ad alcuni usi impropri dei voucher non si buttasse via il bambino con l’acqua sporca. Questa esigenza rimane: penso a strumenti che regolino, per esempio, le attività richieste per i servizi alla famiglia.
La questione, dunque, non finisce qui?
Finisce qui, diciamo così, un dibattito tutto ideologico in cui il voucher, che sul piano dei numeri è una piccola cosa, è stato usato come strumento di distrazione di massa per distogliere l’attenzione dai veri problemi del lavoro. Ci dobbiamo concentrare su come combattere la precarietà, presidiando gli abusi di certi istituti. Occorre far vivere i diritti nella realtà per rendere più flessibile ma anche più inclusivo il mercato del lavoro, cosa che abbiamo cominciato a fare con il Jobs act attraverso la stretta sulle finte collaborazioni.
Manca ancora la completa attuazione del Jobs act.
La parte mancante sono le politiche attive. Nessuno deve essere lasciato solo, il che significa servizi di ricollocazione e formazione: il nuovo articolo 18 è la formazione, fattore indispensabile in una realtà che cambia in continuazione le competenze richieste. Dobbiamo fare di più e meglio e per questo serve il partito: non basta una buona legge, c’è bisogno di un progetto dove tutti gli attori istituzionali e territoriali mettano al centro la formazione.
Nella mozione Renzi-Martina, che lei ha preparato, c’è in evidenza la cura della persona.
Sì, bisogna riflettere sull’impatto del deficit demografico e abbiamo bisogno di un welfare costruito sulle famiglie, con sostegni più universali e meno di categoria. Le detrazioni devono raggiungere anche gli incapienti e i lavoratori autonomi, un’area che sarà sempre più importante. Occorre lavorare sulla frammentazione in modo che gli aiuti siano destinati a tutti.
Quindi, manovrando la leva fiscale.
Questo è l’anello mancante delle riforme fatte, e cioè: ridurre l’Irpef sui redditi medio-bassi inglobando gli 80 euro in una strategia complessiva. Quando faremo questo, si dovrà partire dai giovani e dall’occupazione femminile anche con una tassazione a doppia progressività: aumenta in base al reddito e all’età anagrafica.
E cioè?
È una proposta che feci nel 2011 con Filippo Taddei e per ora è solo uno spunto di riflessione, ma questa idea non vuol dire aumentare il carico fiscale a chi giovane non è più. Significa, invece, che la riduzione dell’Irpef non andrà fatta in orizzontale, bensì con una particolare attenzione ai giovani, che restano svantaggiati da modelli organizzativi e retributivi: entrano tardi nel circuito occupazionale e con stipendi troppo bassi.
Proviamo a definire la strategia della mozione Renzi-Martina.
È una piattaforma solida, ma aperta e che stiamo portando nei territori. Il punto fermo è che le riforme di questi anni sono importanti, che pero’ non bastano e quindi si deve andare avanti. Il secondo passo deve essere più incisivo del primo, ma nella identica direzione di marcia: un Paese competitivo e aperto, ma nello stesso tempo più inclusivo, stando vicino a chi resta indietro e consentendo a chi può correre di farcela e di costruire mondi nuovi.
L’asse centrale riguarda l’Europa.
Mettiamo al centro l’Europa, constatando nel frattempo che alcuni limiti dell’azione del governo Renzi nascevano proprio da una circostanza: le decisioni sovranazionali vengono lasciate alle tecnostrutture di Bruxelles. Quindi più Europa, ma più politica in Europa, arginando talune derive tecnocratiche prive di visione del futuro. E’ importante rimettere al centro della discussione gli strumenti per affrontare da europei i problemi europei, a partire da immigrazione, sicurezza, investimenti in cultura e difesa del modello sociale. Del resto la nostra severità di giudizio, che deve essere più acuminata per le cose che ci sono più care, è dovuta proprio al nostro forte spirito europeista. Diciamo no a qualsiasi chiusura, tuttavia aggiungiamo che l’apertura va governata dalla politica.
Infine, un giudizio sul governo Gentiloni.
Questo è il nostro governo, da tutti i punti di vista.