La campagna elettorale per le europee è ormai agli sgoccioli. Ma di tutto si parla tranne che d’Europa. Difficile che potesse andare diversamente, per via degli equilibri in continua evoluzione della politica italiana. Di fronte alla crisi dell’economia e delle istituzioni europee, però, questa campagna resterà un’occasione mancata. Per la prima volta le grandi famiglie della politica europea hanno presentato i loro candidati “ufficiosi” alla guida della Commissione, ma è difficile pensare che l’elettore medio (per non parlare di quello mediano) sappia chi siano. Tutti i partiti italiani dicono di voler andare in Europa per cambiarla, ma il “come” resta un mistero. Link Tank ha provato a passare al setaccio i principali programmi, ma sotto il fumo dei buoni propositi abbiamo trovato poco arrosto.
Forse, seguendo l’esempio dei partiti europei, sarebbe stato meglio se anche quelli italiani avessero fatto il nome dei loro candidati ideali per rappresentare il nostro Paese all’interno della Commissione. Sarà dalle scelte che il governo farà su questi nomi, di concerto con le altre forze politiche, che si capirà se davvero si vuole voltare pagina. Da lì, si capirà se si guarda al futuro o al passato, se ci si preoccupa di dare una nuova strategia all’Europa o della solita tattica politica nostrana.
Per il momento, accontentiamoci di dare un’occhiata alle caratteristiche di chi manderemo a rappresentare il nostro Paese nel Parlamento europeo. La tabella sintetizza le caratteristiche dei candidati nelle liste di partito con qualche chance di superare la soglia di sbarramento: età, sesso, cariche amministrative e istituzionali, settore d’occupazione.
CARATTERISTICHE DEI CANDIDATI ALLE EUROPEE NELLE LISTE DEI PRINCIPALI PARTITI ITALIANI
Il M5S è la lista con l’età media più bassa (segue la Lega Nord) e con la quota più alta di donne. La lista Ncd è invece quella con l’età media più alta e con la quota di gran lunga più bassa di presenza femminile (seguono i Fratelli d’Italia, nonostante una leader donna capolista in tutte le circoscrizioni). Non a sorpresa, il M5S si caratterizza anche per l’assoluta assenza di candidati con altri incarichi istituzionali.
Il Pd, invece, si attesta come il partito con il maggior peso assegnato al professionismo politico, vuoi per l’incidenza di persone che si sono sempre dedicate all’attività politica a tempo pieno, vuoi per la presenza in lista di un manipolo di deputati e amministratori locali sguinzagliati a caccia di preferenze sul territorio. Niente di male e abbastanza in linea con la linea renziana del “partito dei sindaci”. Il rischio dell’autoreferenzialità fa comunque capolino. Ed è un peccato che chi ricopre altri incarichi e corre con un simile paracadute non abbia detto parole chiare sul fatto che intenda andare in Europa per restarci.
Silvio Berlusconi, a “Bersaglio mobile” su La7, si è scagliato contro quei pochi “professionisti della politica” che hanno lasciato Fi per fondare il Ncd, permettendo alle liste di Fi di rinnovarsi. Su questo fronte, però, le due liste sono estremamente simili. L’unica differenza di spicco è la quota femminile.
Per il resto, emergono le solite differenze nei meccanismi di selezioni politica della Seconda Repubblica: per esempio, più imprenditori e liberi professionisti nel centrodestra e più sindacalisti nel centrosinistra.
Uscirà da queste liste la nuova classe politica capace di affermare una nuova visione dell’Europa?
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