Il Pd è ormai scomparso da interi territori, non sa attrarre le energie fresche di giovani, donne e movimenti sociali, in preda com’è al patto sindacale tra oligarchi e correnti
Il senatore dem Tommaso Nannicini chiede «non un congresso ma un vero big bang» per un partito che si basi su «lavoro, Europa e ambiente».
Senatore Nannicini, la proposta di Congresso nel 2023 non ha certo placato le polemiche interne al Partito democratico nei confronti del segretario Zingaretti. Qual è lo stato della discussione?
Mi sembra che ci stiamo un po’ incartando su dinamiche che dovremmo superare e che invece la fanno ancora da padrone. La discussione tra zingarettiani e anti zingarettiani, renziani e anti renziani è un po’ da marziani. Il Pd ormai è scomparso da interi territori, non sa attrarre le energie fresche di giovani, donne e movimenti sociali, in preda com’è al patto sindacale tra oligarchi e correnti.
Ed è per questo che alcuni esponenti chiedono un congresso anticipato. È d’accordo?
Fare un congresso sarebbe il minimo sindacale, visto che l’ultimo si è tenuto un’era geologica fa. Ma non basta, serve un vero big bang. Serve un momento di discussione costituente che apra il partito a nuove energie e cambi il modo in cui stiamo insieme. Se qualcuno, ad esempio, pensa di risolvere la questione della parità di genere con una vicesegretaria donna, peraltro litigando se debba essere un’esponente della maggioranza o di base riformista, vuol dire che non siamo più sul pianeta Terra.
A proposito di spazio, Grillo si è presentato a Roma con un casco da astronauta per dare il suo via libera a Conte come fulcro di un nuovo Movimento 5 stelle. C’è ancora spazio per l’alleanza tra Pd e pentastellati?
Tanto di cappello al M5S che ha compreso l’evoluzione della fase politica e si adegua al cambiamento. Anche al centro si parla di nuove federazioni, e la Lega pensa a una ricollocazione europeista. In questo scenario tutti si muovono e se il Pd pensa di star fermo resterà con il cerino in mano, consegnandosi all’irrilevanza politica. Il M5S è una forza politica completamente diversa dalla storia della sinistra italiana e dal fronte progressista. Quindi, ora che l’equivoco si è sciolto, buon lavoro a Conte e al suo tentativo di riformare il populismo, ma noi dobbiamo ripensare il campo progressista e riformista di cui il Pd deve essere il motore.
Il centrodestra si è intestato il successo politico della rimozione di Arcuri. Con quale spirito il Pd sta contribuendo al governo Draghi?
Il nostro deve essere un contributo di idee e non dobbiamo vivere questo governo come una formula politica. È un governo di salvezza nazionale nato per far fronte a tre emergenze, piano vaccinale, Recovery e scuola, sulle quali il Pd deve portare le sue proposte e le sue idee. Mi aspetto che dopo Arcuri, ad esempio, si cambi anche il direttore dell’Anpal, Domenico Parisi.
A proposito di Lavoro, il Pd ha ottenuto il Ministero, affidato ad Andrea Orlando. Cosa serve in quel settore?
Occorre un nuovo piano per le politiche attive del lavoro. Serve un welfare universale che dia garanzie del reddito a tutti e che fornisca risposte tramite orientamento, formazione e accompagnamento al lavoro. Servono investimenti per ripensare la rete di servizi a partire da una nuova governance con il cambio alla presidenza dell’Anpal. Le politiche del lavoro non esistono e c’è bisogno di un cambio di marcia. Mi aspetto che il Pd lo sappia dare. Il fatto che ci sia un ministro del lavoro dem ci carica di responsabilità ed è un fatto positivo.
Assieme al ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, il ministro Orlando ha avviato i tavoli di lavoro con imprese e sindacati per risolvere alcune delle più spinose crisi aziendali. Qual è la strada giusta per risolverle?
Bene i tavoli di crisi, ma abbiamo bisogno anche di tavoli di sviluppo. Bisogna dare prospettive vere ai territori e ai lavoratori coinvolti dagli effetti di una crescita che già era lenta prima e che con lo shock della pandemia ha inferto ferite profonde alla nostra economia. Non dobbiamo prendere in giro le persone ma sostenere con piani di rilancio credibili le aziende o, dove non è possibile, dare garanzie di reddito, formazione e accompagnamento al lavoro.
Poco fa ha citato la scuola, al centro dell’attenzione dopo le nuove regole dettate dal Dpcm presentato ieri. Riusciremo a mandare i nostri ragazzi tra i banchi in questa seconda parte di anno scolastico?
Il discorso di Draghi mi fa sperare che ci sia consapevolezza del fatto che serva un cambio di passo. Il dibattito non deve essere sul chiudere o aprire le scuole, ma su cosa fare per aprirle in sicurezza. Bisogna parlare di nuovi luoghi, orari e calendari, investire su nuovi sistemi di areazione.
Anche in questo caso il fatto di avere un ministro dell’Istruzione tecnico ma di area dem può aiutare?
Non c’è dubbio, ma al di là del ministro mi aspetto che il Pd in Parlamento e al governo partecipi con proposte forti e chiare. La scuola deve essere la nostra priorità, anzi la nostra ossessione.
Tornando all’alleanza con il Movimento 5 Stelle, crede che alle Amministrative si quella la strategia per battere il centrodestra, che come sempre accade nei territori si presenterà unito?
I candidati e le alleanze che li sorreggono vanno scelti nei territori, non da Roma. Ogni volta che ci siamo alleati coi Cinque Stelle perché qualcuno lo imponeva non è andata benissimo. Non mi viene in mente un luogo dove abbia funzionato. Questo non vuol dire che non ci si debba alleare coi grillini, perché se ci sono territori dove ci sono convergenze su idee e candidati ben venga anche l’alleanza con il M5S, così come con Azione, Italia Viva, movimenti civici o altri. Ci si allea con tutti laddove programmi e candidati permettono di fare coalizioni competitive.
All’inizio della nostra intervista ha parlato di un “big bang” necessario al Pd. Da dove deve partire la rifondazione?
Intanto serve un partito più aperto, che non stia insieme con un patto tra filiere personalistiche e di potere. La sinistra in Italia è una cosa più ampia del solo Pd e dobbiamo tornare a intercettare la voglia di fare politica che c’è nel campo progressista. Abbiamo bisogno di una nuova idea di progresso per ricongiungerci con elettrici ed elettori. È il momento delle alleanze sociali, non delle alchimie politiciste decise a Roma. Ripartendo da tre idee. Una nuova idea di lavoro, un lavoro che cambia. Una nuova idea di Europa, che faccia capire che l’interesse nazionale si gioca in Europa e per l’Europa, non contro. E una nuova idea di ambiente, per un modello di sviluppo sostenuto e sostenibile. Bisogna far capire per cosa ci battiamo. Basta tatticismi e timidezze. Basta governabilità fine a sé stessa.