Dare cassa integrazione indiscriminata fino a dicembre significa ingessare tutto
Il governo ha annunciato la proroga della cassa integrazione e del blocco dei licenziamenti fino a dicembre. Lei ha espresso più di una perplessità in merito, perché?
Da quello che leggo sembra che si voglia estendere fino a dicembre provvedimenti eccezionali, come la cassa integrazione indiscriminata senza costi e vincoli per le imprese e lo stop ai licenziamenti, concepiti nella fase di lockdown. Ma questo significa ingessare il sistema produttivo, non trasformarlo, come sarebbe necessario. Sveglia, è arrivato uno tsunami che ha colpito un sistema fragile e ora dobbiamo permettere a imprese e lavoratori di cambiare. Senza lasciarli soli nella fatica del cambiamento.
Ma le imprese sono ancora in estrema difficoltà…
Il cambiamento non va negato, come fanno gli struzzi, ma governato. Dobbiamo liberare soluzioni, non ingessare problemi. Qualcuno pensa che inondando le imprese di liquidità e sussidi a pioggia tutto possa tornare come prima? Magari può accadere in Germania, non da noi, dove tornare come prima significherebbe tornare in una stagnazione economica che non ci permetterà di ripagare i debiti in assenza di crescita.
E come si torna a crescere?
Dobbiamo aiutare le imprese a creare lavoro nuovo, di qualità, inserendosi nelle grandi trasformazioni tecnologica ed ecologica della nostra economia. E dobbiamo aiutare i lavoratori che perdono il posto, offrendo loro un reddito vero per formarsi e cercare nuove opportunità.
Ma esistono davvero queste nuove opportunità nel mercato del lavoro italiano?
Dobbiamo crearle, siamo la seconda manifattura europea, un paese che ha molte energie. Il problema è che vanno liberate, semplificandogli la vita non con l’ennesimo decreto “semplificazioni” che svuota i cassetti di qualche burocrate ma rivoluzionando i processi della macchina pubblica, altrimenti ci ritroveremo sempre con le stesse crisi: Alitalia, Whirpool, Embraco. Da decenni ce le portiamo dietro e da decenni vengono illusi i lavoratori. La crisi non passa da sola, abbiamo bisogno di nuovi Cucinelli e nuove Luxottica.
Basterebbero tanti Cucinelli a garantire un’occupazione stabile?
Per creare occupazione di qualità bisogna ridurre il costo del lavoro stabile e investire sulla formazione permanente. Le “terapie intensive” per scongiurare la crisi d’autunno sono il rilancio degli investimenti pubblici, il sostegno a quelli privati, il taglio del costo del lavoro stabile, politiche di garanzie del reddito fatte sul serio e non con bonus mensili.
Lei ha detto che prorogare gli strumenti emergenziali fino a dicembre potrebbe innescare una bomba sociale. Per quale motivo?
Perché così facendo a gennaio finiremo i soldi e ci ritroveremo con una massa di disoccupati senza risorse pubbliche e senza un sistema di welfare solido. Dobbiamo pensare a come creare occupazione, non offrire assistenzialismo a oltranza. È giusto fare debito per uscire dalla crisi, ma prima o poi bisogna ripagarlo. E se non cresci non sei in grado di farlo.
Molti suoi compagni di partito, però, sono convinti dell’opposto: la bomba sociale si rischia senza cassa integrazione e blocco dei licenziamenti.
La bomba sociale scoppia se non si riformano subito gli ammortizzatori sociali. Quando dico che bisogna mettere in sicurezza il welfare intendo dire che dobbiamo dare un reddito ai disoccupati, ma per aiutarli a trovare un altro lavoro, non per garantirgli un finto reddito in un finto posto di lavoro in un’impresa congelata. Bisogna spendere il denaro pubblico per governare il cambiamento, non per bloccare tutto fino a dicembre e poi ritrovarsi in una crisi di proporzioni ingestibili. In due mesi abbiamo perso 400 mila posti di lavoro nonostante la cassa integrazione a pioggia e nonostante lo stop ai licenziamenti. Giovani, precari e autonomi sono i più colpiti. Sono numeri enormi e metterli sotto il tappeto per tutto l’autunno sarebbe sbagliato.
Come potrebbero sopravvivere all’autunno lavoratori e imprese senza cassa integrazione?
Io non voglio togliere la cassa integrazione dall’oggi al domani, serve un’uscita graduale. Di certo non possiamo rinnovarla a pioggia, ma mantenerla per quei settori più colpiti anche a causa delle nuove regole dettate dalla pandemia, come il turismo.
Gli aiuti europei, come il fondo Sure, non ci permetterebbero di accompagnare l’emergenza con maggiore serenità?
Qualcuno pensa di usarli per arrivare a Natale, ma sarebbe un’illusione. Dovremmo anticipare una riforma degli ammortizzatori sociali che poi dovremo essere in grado di sostenere da soli, trovando le risorse nel bilancio pubblico per introdurre un salario di formazione, cioè un sussidio di disoccupazione degno di questo nome e integrato con servizi intensivi per trovare un nuovo lavoro.
È sempre la vecchia storia della coperta corta. Dove si trovano queste risorse?
Per esempio potremmo togliere quota cento e dare i soldi ai disoccupati, non a chi ha un lavoro stabile, magari nel pubblico, e può lavorare ancora qualche anno.
Possibile una soluzione di questo tipo con questa maggioranza?
Non lo so, cominciamo a chiederlo almeno. I compromessi si fanno dopo.
A proposito di compromessi e risorse europee. Sarà possibile trovare un accordo sul Mes?
Chi vivrà vedrà, l’importante però è abbandonare le bandierine ideologiche. Non dovremmo perdere il nostro tempo a discutere di cose senza senso. In questo momento rischiamo una crisi di governo non su scelte concrete da cui dipende il benessere delle persone ma su preconcetti. È uno spettacolo che dovremmo risparmiare agli italiani.
La crisi di governo è dunque un’ipotesi concreta?
Vedo molta agitazione. Questa è una maggioranza difficile, nata in condizioni eccezionali, tra forze politiche con visioni molto diverse. Ma io mi aspetterei che le divergenze si palesassero su temi concreti, su scelte profonde, non sulle bandierine.
Perché ritiene totalmente infondati i timori del M5S su possibili condizionalità nascoste anche in questa linea di credito messa a disposizione dal Mes?
Perché è un tema che non esiste. Ha fatto bene Zingaretti a porre l’accento su come spendere quei soldi. C’è la disponibilità di un prestito europeo con condizioni favorevoli per rimettere in piedi la sanità pubblica. Bene, dovremmo semplicemente disegnare gli interventi che servono. Dopodiché non prendere i soldi sarebbe una follia.
Però quando parliamo di assenza di condizionalità del Mes ci basiamo semplicemente su un comunicato stampa dell’Eurogruppo. Non è troppo poco come garanzia?
L’accordo europeo è chiaro, l’unica condizione è che quel finanziamento venga investito sulla sanità. E non dimentichiamoci che la crescita dell’Italia per gli altri Paesi europei è un bene pubblico. Se nel 2021 l’Italia non crescesse si innescherebbe una crisi del nostro debito che equivarrebbe a una crisi dell’Euro. Tutti hanno interesse alla nostra crescita.