Linkiesta

La campagna elettorale si fa anche aumentando la spesa

Tommaso Nannicini, Eleonora Alabrese
Democrazia/#campagna elettorale

Quando si avvicinano le elezioni, si sa, i politici hanno la promessa facile. Non solo. Quelli in carica hanno la tentazione di allargare i cordoni della spesa per convincere i cittadini a rieleggerli. Soprattutto se possono contare sull’aiuto di altri politici compiacenti che gli fanno arrivare maggiori risorse dall’alto, sotto forma di trasferimenti regionali o statali. Questa semplice intuizione trova conferma analizzando i bilanci dei comuni italiani nel periodo dal 1993 al 2007.

Qualcuno penserà che non c’è bisogno di un test statistico per dimostrarlo. Ma i numeri hanno il loro peso. Anche controllando in maniera robusta per le peculiarità di ogni singolo comune, si scopre che, nei due anni immediatamente precedenti alle elezioni, i comuni ricevono più trasferimenti dagli altri livelli di governo. L’aumento è consistente: circa 52 euro pro capite, pari a una crescita media del 5 per cento rispetto agli anni lontani dalle elezioni. E questi trasferimenti sono usati per finanziare maggiori spese per investimenti, che in media aumentano di 63 euro pro capite (circa l’11 per cento) negli anni pre-elettorali.

In verità, questi numeri confermano un fenomeno noto da tempo, tanto in Italia quanto all’estero. Per il nostro paese, uno studio della Banca d’Italia che ha utilizzato gli stessi dati dal 1998 al 2006 (Cioffi, Messina e Tommasino:Parties, institutions and political budget cycles at the municipal level”) trova un aumento simile nelle spese in conto capitale subito prima delle elezioni. Per il Brasile, uno studio sui legami tra centro e periferia trova che il governo centrale tende a inviare più trasferimenti discrezionali ai comuni dello stesso colore politico, soprattutto laddove il risultato elettorale è più incerto e quindi la competizione politica maggiore (Brollo e Nannicini: “Tying Your Enemy’s Hands in Close Races”). E uno studio recente che usa la stessa metodologia per l’Italia trova effetti molto simili (Bracco, Redoano e Porcelli:“Incumbent Effects and Partisan Alignment in Local Elections”).

Un’ulteriore analisi dei dati disponibili per i comuni italiani, tuttavia, permette di aggiungere qualche dato in più. Innanzitutto, quando il sindaco può correre per un secondo mandato, i trasferimenti pro capite aumentano del 7,4 per cento negli anni pre-elettorali, mentre l’aumento è solo del 3,2 per cento quando il primo cittadino non può essere rieletto. Di pari passo, le spese in conto capitale crescono del 14 per cento nel primo caso e solo dell’8 per cento nel secondo. Insomma: quanto maggiore è l’interesse a riottenere la carica, tanto più evidente il fenomeno dei cicli elettorali nel bilancio comunale.

Anche le differenze geografiche sono marcate. Se nei comuni del Centro-Nord l’aumento dei trasferimenti in periodo pre-elettorale è intorno al 2 per cento, al Sud l’aumento è pari all’11 per cento. E, di nuovo, la storia si ripete guardando agli investimenti: più 7 per cento al Centro-Nord e più 17 per cento al Sud. In tutti queste stime, così come per l’analisi sui limiti di mandato, le differenze sono statisticamente significative. Certo, in questo caso non è chiaro se le differenze geografiche nascano da disparità nei livelli di reddito pro capite tra regioni o da altri fattori.

Cosa si potrebbe fare, allora, per ridurre l’opportunismo pre-elettorale dei politici? E per far sì che i loro interessi di breve periodo non finiscano per distorcere l’allocazione delle risorse pubbliche? O per attenuare le marcate differenze geografiche in tale allocazione? Non è facile. Ma i mezzi di comunicazione potrebbero svolgere un ruolo importante: segnalando prontamente ai cittadini eventuali andamenti “anomali” delle finanze pubbliche (che poi qualcuno, prima o poi, dovrà pagare). Sarebbe altresì utile aumentare la responsabilizzazione fiscale di chi gestisce i cordoni della spesa, limitando trasferimenti discrezionali dall’alto che finiscono per essere preda di distorsioni politiche. In ogni caso, il fenomeno non potrà scomparire del tutto, perché esiste un contrasto ineludibile tra l’orizzonte (breve) di chi deve essere rieletto e le ragioni di una sana gestione dei conti pubblici nel lungo periodo. È la politica, bellezza.

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