La Stampa

L’Europa ingessata nelle sfide globali

Tommaso Nannicini
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Indipendenza o convenienza? Di fronte alle nuove ansie egemoniche di Stati Uniti, Cina e Russia, alcuni ritengono prioritario investire in risorse strategiche che possano renderci davvero indipendenti, a livello nazionale o – più realisticamente – di Unione Europea. Altri, legittimamente, pensano che sia tempo perso. Che non ci sia altra strada se non venire a patti con chi è più forte, per convenienza. Si tratta casomai di decidere se perseguire convenienze multiple alleandosi con potenze diverse a seconda del settore – dalla difesa all’energia, dalla tecnologia al commercio – oppure una singola convenienza strategica, mettendosi al riparo di un’unica potenza. E le scelte non finiscono qui. Stati Uniti o Cina? O, per chi preferisce competere per la zona Champions piuttosto che per lo scudetto, Russia o India? Le forze politiche farebbero bene a non sfuggire al dilemma tra indipendenza e convenienza, che raccoglie il nuovo crinale politico dei nostri tempi.

Possiamo arrivare a ipotizzare, infatti, che questo crinale finirà per ridimensionare quelli del passato, come è già successo altre volte, basta pensare agli ultimi decenni. Global contro no global, apertura contro chiusura: dalla caduta del muro di Berlino in poi, fin dai primi anni ’90, è stato questo il crinale dello scontro politico che ha surclassato, senza cancellarlo, quello tra destra e sinistra. È lungo questo crinale che si è giocata la fortuna o la sfortuna di partiti e sistemi politici. Proprio in opposizione a globalizzazione, immigrazione, multiculturalismo, austerità e strapotere della finanza – alcuni degli ingredienti più smaccati del nuovo consenso globale di stampo liberal-occidentale – sono nati nuovi partiti e leader di successo, tanto a destra quanto a sinistra.

Oggi, c’è chi si attarda a usare questo crinale come schema interpretativo dei tempi confusi (e aggressivi) che stiamo vivendo. Ma le cose stanno cambiando rapidamente. Al pari dello scontro tra destra e sinistra, anche quello tra apertura e chiusura, pur senza scomparire, è destinato a ridimensionarsi. Un nuovo crinale si affaccia: quello tra indipendenza e convenienza. Indipendenza intesa come capacità strategica – pensata per il proprio Paese o per un sistema politico sovranazionale come l’Unione Europea – di perseguire autonomamente interessi economici, sociali e tecnologici, senza cedere alle pressioni derivanti dalla competizione tra potenze esterne come Stati Uniti, Cina e Russia. Convenienza, invece, intesa come scelta pragmatica di una o più potenze come partner strategico, riconoscendo l’impossibilità o il costo eccessivo di una competizione diretta e preferendo quindi restare nell’orbita di qualcuno più forte, sfruttandone vantaggi e opportunità, pur rinunciando a una piena autonomia.

Si dirà: non si può spiegare la lotta politica nazionale solo ricorrendo alla geopolitica. Beh, perché no? In fondo, a suo tempo la guerra fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica ha avuto un effetto preponderante sullo scontro politico nelle democrazie occidentali. Allo stesso modo, è dentro la temporanea vittoria del multilateralismo a egemonia statunitense e della globalizzazione che si è innestato il divario tra apertura e chiusura. Oggi, di fronte al riemergere delle ambizioni di potenza di alcune nazioni – vuoi di stampo mercantilista (Trump), militare (Putin) o politico-tecnologico (Xi Jinping) – si aprono scelte esistenziali per ciascun paese, che rimodelleranno lo scontro politico interno.

Anche in Italia sta già succedendo, con linee di frattura che attraversano gli schieramenti politici. C’è chi vorrebbe accodarsi a Trump, entrando nella corte di Mar-a-Lago (Fratelli d’Italia). C’è chi vorrebbe accodarsi alla Cina, magari ritirando fuori dal cassetto la Via della Seta (i Cinque Stelle). C’è chi non ha mai nascosto i legami con Mosca (la Lega). C’è chi è disposto a fare scelte difficili, come aumentare gli investimenti in tecnologie militari, pur di rafforzare la sovranità europea (una parte del centrosinistra). E c’è chi svicola, evitando di prendere posizione e disegnando la propria identità intorno ad altri crinali, destra contro sinistra, apertura contro chiusura (un’altra parte del centrosinistra). Difficilmente ne uscirà premiato chi farà lo struzzo. I crinali politici vanno affrontati. Gli struzzi possono vincere qualche elezione, ma non vanno lontano. Non c’è contrasto tra queste scelte e le battaglie storiche tra destra e sinistra. Difficile rafforzare i diritti dei più deboli, se si prendono ordini da Mosca o Pechino. Difficile difendere pensioni, scuola e sanità, se si resta supini davanti alle guerre commerciali scatenate da Washington.

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