La Stampa

Lo sciopero generale ormai non serve più

Tommaso Nannicini
Lavoro/#diritti#lavoro#sciopero

Uno strumento per migliorare le condizioni di chi lavora o una liturgia ormai stanca? Ad ogni sciopero generale, la domanda si ripropone. E non se la fa solo chi deve commentare le vicende della politica e del sindacato, ma anche chi non può usufruire dei servizi interrotti. Per esempio, le famiglie che devono riorganizzarsi dopo essersi imbattute nel cartello: “scuola chiusa causa sciopero.” Ciò non significa che non debba scattare un senso di solidarietà verso chi protesta, accettando qualche disagio. Ma la solidarietà è più probabile se lo sciopero è ritenuto utile. Per questo, chi lo convoca deve rendere conto non solo ai propri iscritti, ma a un pubblico più ampio.

Gli scioperi generali che, in passato, hanno prodotto risultati avevano elementi comuni. Erano unitari tra Cgil, Cisl e Uil. Si basavano su obiettivi chiari. E venivano convocati contro interlocutori in grado di concedere qualcosa. Gli scioperi dell’autunno caldo portarono allo Statuto dei lavoratori, sotto la regia dei socialisti Giacomo Brodolini e Gino Giugni. Quelli del secondo governo Berlusconi affossarono la riforma dell’articolo 18.

Lo sciopero di ieri ha avuto un’adesione alta e ha portato nelle piazze centinaia di migliaia di persone, che hanno detto il loro no alla manovra del governo e rivendicato maggiore attenzione per salari, pensioni, servizi e investimenti pubblici. Una bella mobilitazione sociale, al netto di qualche scontro ai margini, come a Torino, non certo imputabile ai sindacati. Cgil e Uil hanno organizzato una prova di forza riuscita. Ma quali sono i risultati che si aspettano? Anche lo sciopero generale del 2021 contro la legge di bilancio del governo Draghi riuscì, ma con quali esiti per il Paese?

L’attuale piattaforma di rivendicazioni è vaga. Si chiedono più assunzioni nel pubblico e maggiori investimenti, ma non è chiaro dove trovare i soldi, ora che i vincoli di bilancio sono tornati stretti (e nel frattempo il ministro Giorgetti si è portato a casa l’approvazione dell’Unione Europea). Non si capisce perché chiedere altri investimenti, con quelli del Pnrr ancora in corso e tutt’altro che scontati. Certo, nella legge di bilancio manca una politica industriale per la crescita del Paese, ma se neppure chi aveva ingenti risorse l’ha disegnata, non è facile imputarne l’assenza al governo. Nella classifica del Sole 24 Ore sulle aziende leader nella crescita del fatturato 2020-23, tra le prime dieci, sei operano tra costruzioni e servizi tecnici. Qualcuno deve ringraziare il superbonus, ma era questa la crescita da finanziare con soldi pubblici?

La vera emergenza è quella salariale. Dalla fine del 2022, l’occupazione è cresciuta di 700 mila unità, in gran parte a tempo indeterminato, e la disoccupazione è scesa al 6,1%. Ma i salari reali hanno continuato a scendere. Non è chiaro, però, come uno sciopero contro una legge di bilancio possa risolvere il problema. Casomai servirebbe una valutazione dei contratti appena rinnovati dai sindacati, spesso unitariamente, e su come rafforzare il loro ruolo nella contrattazione nazionale e decentrata. In questo scenario, la Cisl ha scelto un’altra strategia: rivendicare alcune misure della legge di bilancio, dal taglio del cuneo fiscale alla contrattazione decentrata, per rilanciare il dialogo col governo e le altre forze politiche e sociali.

Insomma: il sindacato delle piazze contro il sindacato dei contratti. Per spezzare questa dicotomia, che non serve a nessuno, tanto meno agli interessi del mondo del lavoro, i due momenti andrebbero riequilibrati con cura. Lo sciopero, soprattutto se generale, dovrebbe essere solo l’ultimo tassello di un percorso di rivendicazione e contrattazione, fondato su un’agenda precisa di proposte fattibili. Non una prova di forza fine a sé stessa. Il leader della Cgil, Maurizio Landini, ha usato parole audaci. Ma il proposito di “rivoltare il Paese come un guanto” ricorda un po’ quello di chi voleva aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno. Il rischio è che il risultato sia altrettanto evanescente.

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