In un accorato editoriale sul Corsera, Massimo Fracaro e Nicola Salduttiinvitano tutti a lasciar stare i pensionati: una categoria che ha già dato il suo contributo al risanamento dei conti pubblici con le riforme Amato, Dini, Maroni e Prodi. Adesso – sostengono – si faccia cassa da qualche altra parte. La pietra dello scandalo è l’audizione in cui il ministro Giovannini ha proposto di non rivalutare le pensioni oltre sei volte il minimo (cioè gli assegni maggiori a 2.886 euro lordi, circa 2.096 netti).
Tre problemi:
Primo: le riforme di cui sopra non hanno risposto solo all’esigenza di riportare in equilibrio i conti pubblici, ma hanno rimosso le distorsioni e le iniquità del sistema retributivo, che ha garantito veri e propri regali acquisiti a intere generazioni e categorie. In una recente proposta di Tito Boeri e del sottoscritto su Lavoce.info, si riparte proprio da qui: intervenire sulle pensioni in essere erogate con il metodo retributivo (in toto o con il pro rata) non per ragioni di cassa ma di equità (attuariale e tra generazioni). La proposta si basa su una doppia soglia, che lascia sì stare i pensionati sotto una soglia minima di pensione e tutti quelli che hanno un reddito commisurato ai contributi versati, ma chiede un piccolo contributo a “chi ha avuto di più” da regole troppo generose.
Secondo: se l’intento dell’editoriale era quello di salvaguardare quanti “con il loro lavoro hanno versato contributi per ricevere una pensione”, sarebbe stato meglio spendere qualcuna delle 551 parole del testo per chiedere più trasparenza sul sistema previdenziale, in modo da conoscere la distribuzione dei rendimenti attuariali delle pensioni in essere. Riccardo Puglisi ha spiegato da par suo, proprio nella stessa edizione del Corsera, perché la qualità delle scelte pubbliche si cibi di trasparenza. Forse, il giornale di via Solferino dovrebbe socializzare i pezzi tra i propri collaboratori.
Terzo: ci si stracci pure le vesti per rivalutare di qualche punto percentuale gli assegni pensionistici sopra i 2.096 euro netti, ma si tenga conto che di assegni si sta appunto parlando e non di reddito. In media, ogni pensionato italiano riceve 1,4 assegni. È quindi possibile che il reddito di chi riceve un assegno sopra sei volte la minima non sia d’oro, ma difficilmente sarà sotto la soglia di sopravvivenza.
Il vero punto – di nuovo – è capire se il reddito da pensione sia giustificato rispetto ai contributi versati oppure no. A quando un editoriale sul Corsera che chieda all’Inps di comunicare questi dati (in forma individuale a ogni pensionato e in forma aggregata a tutti gli italiani)?
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