Mose di Venezia, Expo di Milano, rimborsi gonfiati nei consigli regionali, intrecci tra appalti e politica locale: in Italia la corruzione politica torna sotto i riflettori. Il nostro Paese non è certo l’unico in cui il problema desta preoccupazione. Il Brasile, in particolare, ha una lunga tradizione di irregolarità e corruttele nella gestione dei fondi pubblici da parte della politica locale. Nel 2003, per aggredire questo malcostume, il governo Lula ha varato un programma anticorruzione unico nel suo genere.
Ogni mese, una “lotteria” ufficiale (a cui possono assistere giornalisti e cittadini) estrae a sorte una cinquantina di governi locali, nei quali viene subito inviata una pattuglia di ispettori selezionati nazionalmente, ben formati e pagati con un salario competitivo. Una sorta di “intoccabili” della lotta alla corruzione locale. Questi ispettori passano al setaccio ogni aspetto inerente la gestione dei fondi pubblici e degli appalti a livello comunale. Non si limitano a controlli formali, ma incontrano imprese, conducono interviste, incrociano dati. E redigono un rapporto che viene inviato alla magistratura (nel caso spuntino fuori episodi con rilevanza penale) e al governo federale (perché prenda provvedimenti nei casi di mala gestione dei trasferimenti pubblici). Non solo: al rapporto viene data ampia pubblicità sui vecchi e sui nuovi media, mettendo i cittadini a conoscenza di irregolarità più o meno gravi.
Gli economisti Claudio Ferraz (PUC Rio) e Frederico Finan (Berkeley) hanno sfruttato l’unicità di questo programma per analizzare l’impatto della corruzione sulle dinamiche elettorali. La loro idea è semplice (come in ogni studio empirico ben fatto). Se la lotteria non è truccata (e una messe di test statistici mostrano che non ci sono sospetti che lo sia), è del tutto fortuito se un governo locale viene messo sotto i raggi X degli ispettori prima o dopo della successiva tornata elettorale. La tempistica dell’ispezione rispetto al voto, insomma, è puramente casuale.
Nel caso di quei comuni in cui gli ispettori trovano prove di irregolarità nella passata gestione dei conti pubblici prima del voto, quindi, gli elettori si recheranno alle urne con questa informazione in più. Nel caso delle amministrazioni corrotte smascherate solo dopo l’eventuale rielezione, invece, sarà troppo tardi. E per via della lotteria è del tutto casuale se una classe politica corrotta finisce per appartenere al primo gruppo (di “trattamento) o al secondo (di “controllo”).
I risultati empirici mostrano che gli elettori reagiscono alla disseminazione di informazioni sulla corruzione locale. I sindaci che si sono macchiati di irregolarità hanno una probabilità decisamente più bassa di essere rieletti, soprattutto se le irregolarità sono molte e finiscono per toccare fattispecie di una qualche gravità. Non solo: questo effetto è molto più alto laddove esistono radio locali (ancora un mezzo importante per informarsi sulla politica locale in molti comuni del Brasile). Per la serie: maggiore la presenza dei mezzi di comunicazione, maggiore l’effetto delle rivelazioni sui comportamenti degli elettori.
Lo studio di Ferraz e Finan ci insegna due cose. Prima: se non si hanno risorse sufficienti per combattere una corruzione diffusa a tutto campo, alcuni interventi selettivi ma continuativi possono funzionare lo stesso, anche grazie a un effetto deterrente su una classe politica che si vede messa sotto osservatorio da ispettori indipendenti e con pieni poteri. Secondo: informazione e trasparenza migliorano il dibattito pubblico e abituano i cittadini a “punire” col proprio voto quei politici che si sono macchiati di gravi irregolarità. Forse, sarebbe il caso di prendere spunto da queste due lezioni brasiliane anche in Italia.
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