La Stampa

Ripensiamo il lavoro per salvare le pensioni

Tommaso Nannicini
LavoroWelfare/#lavoro#pensioni

Soldi o voti. In Italia, di solito, la politica si occupa di pensioni con in testa gli uni o gli altri. Gli ultimi decenni, salvo poche eccezioni, possono essere riassunti come un pendolo tra interventi “rigoristi” (a caccia di soldi) ed “elettoralistici” (a caccia di voti). Ormai, questa dinamica si riproduce anche all’interno delle singole forze politiche: basti pensare alle divergenze tra Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti sulle pensioni. La legge di bilancio che il governo sta preparando è frutto di questo stallo. Il pendolo si è bloccato. Schiacciata tra il tentativo di mantenere le promesse sui pensionamenti anticipati e i vincoli di bilancio che tornano a farsi stretti, la maggioranza si prepara a varare poco o niente. Come ha anticipato Paolo Baroni su queste pagine, ci sarà solo il rinnovo di misure selettive e già esistenti, come l’Ape sociale, Opzione donna e Quota 103.

Eppure, ci sarebbe spazio per cambiare i termini della discussione e uscire dallo stallo. Come? Superando il derby tra previdenza e assistenza, per rimettere al centro il lavoro. Pochi giorni fa, l’Inps ha presentato il suo rapporto annuale. Leggendo con attenzione le analisi contenute nel rapporto, si capisce come le priorità che parlano alla vita delle persone siano lontane dalla discussione politica. Ormai, gli istituti di pensionamento anticipato che contengono qualche elemento contributivo – riducendo l’assegno percepito in base agli anni di anticipo – sono costantemente sottoutilizzati, perché le persone sanno che non convengono. Una volta interiorizzata la logica contributiva, la priorità non è più l’anticipo, ma strumenti che permettano di coniugare benessere e allungamento dell’attività lavorativa. Il rapporto Inps mostra come le persone che lavorano e hanno più di 57 anni siano le prime a subire le conseguenze negative delle turbolenze economiche, come la chiusura di un’azienda. E come le donne siano le più esposte, con un divario di genere che da salariale si fa previdenziale. Per questi motivi, di fronte alla vita che si allunga, non basta fuggire dal lavoro, ma occorre renderlo diverso e meno pesante. Serve promuovere un’organizzazione che cambi mansioni, incentivi e contratti lungo il ciclo di vita, con forme attive di age management sia nel privato sia nel pubblico. È necessario un nuovo contratto sociale.

Demografia, tecnologia, ecologia: basta pensare a queste grandi trasformazioni per capire che il contratto sociale su cui si basava il welfare del ‘900 va riscritto. Ridefinire le norme, scritte e non, che ci tengono insieme: è questo il compito della politica, anche se molti non se ne sono accorti o fanno finta di niente. È un compito enorme, che niente ha a che fare con le pensioni anticipate o i bonus edilizi. Un nuovo contratto sociale deve fare in modo che nessuno sia lasciato solo, deve assicurare imprese, lavoratori e lavoratrici dai rischi associati ai cambiamenti vorticosi che ci attendono. Disoccupati, giovani, precari, anziani: sono loro i dimenticati delle politiche di welfare. Le politiche contro la povertà non bastano. Se perdi un lavoro, lo Stato non deve aspettare che perdi anche la casa per aiutarti. Serve una forte garanzia del reddito, agganciata a servizi personalizzati di orientamento, formazione e accompagnamento al lavoro: un reddito di formazione.

Se ci poniamo l’obiettivo di un sistema di formazione permanente di massa, è importante sottolineare il “di massa”. Quando hai un bambino di sei anni da mandare a scuola, sai che dietro l’angolo c’è un istituto e ti interroghi sulla qualità dei docenti. Deve avvenire lo stesso con la formazione permanente: per renderla un diritto soggettivo realmente esigibile, devi sapere che esistono luoghi – ben finanziati, valutati e monitorati nei risultati – in cui ricevere servizi al lavoro personalizzati. Con una presa in carico pubblica e digitale, ma ispirata alla sussidiarietà, coinvolgendo comuni, università, scuole, centri di formazione e terzo settore. Oggi, la grande sfida del welfare è la formazione permanente di massa, come lo sono state l’istruzione obbligatoria e la sanità pubblica in altri frangenti in cui abbiamo riscritto il nostro contratto sociale.

Reddito di formazione, age management, politiche attive del lavoro e del tempo, congedi paritari: ecco alcuni temi ineludibili per chi vuole riscrivere il nostro contratto sociale. Temi che, purtroppo, faticano a diventare centrali nella discussione politica.

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