Senatore Nannicini, il governo ha tracciato con la Nadef il profilo della nuova legge di bilancio. Le piace?
«Purtroppo non del tutto. Manca ancora, e spero che si usino le prossime settimane per trovarla, una visione chiara e forte delle priorità che servono per rilanciare un Paese che non cresce da vent’anni. È giusto preoccuparsi del deficit finanziario, ma quello che mi preoccupa di più è il deficit di coraggio. C’è bisogno di una politica ambiziosa. Che non è la politica degli struzzi, ma quella delle giraffe».
Le giraffe?
«Le giraffe hanno lo sguardo lungo sul futuro, sono animali che si elevano con le zampe ben salde per terra. Purtroppo in giro si vedono più struzzi che giraffe su tasse, natalità, pensioni, ambiente».
Il ministro Gualtieri dice che si può far poco perché c’è da pagare il conto del Papeete, di Salvini…
«Gualtieri ha ragione su Salvini, il governo nasce per fermare i suoi disastri. Ma le clausole di salvaguardia dell’Iva sono state messe anche dai nostri governi. Il costo delle promesse politiche è stato scaricato troppo spesso sul futuro e dunque sui giovani. È ora di smetterla. E soprattutto si può fare molto di più».
Cosa?
«Il dibattito sull’Iva è paradossale. Ormai la maggioranza ha detto che non si parla né di aumento, e questo va bene, né di rimodulazione, che avrebbe invece reso l’Iva più giusta e garantito un po’ di gettito in più. Il ministro dell’economia sembrava aperto a una rimodulazione prima che partissero le fibrillazioni nella maggioranza. È un peccato che sia stato fermato. Le risorse vanno trovate per chi lavora e per le famiglie con figli. Non per bloccare le tasse su chi consuma beni di lusso».
A spingere per questa scelta è stato il suo ex amico Renzi e Di Maio. Sono stati loro a impedire la rimodulazione dell’Iva…
«C’è un nuovo partito che nasce dalla scissione del Pd che dice, giustamente, che dobbiamo mettere al centro donne e giovani. Se però la prima cosa che si fa non è trovare risorse per aumentare l’occupazione giovanile e femminile, ma per difendere chi compra tartufi e va in vacanza negli hotel di lusso, alle parole non seguono i fatti. E il rischio è che più che Italia Viva, avremo Italia Iva».
Anche le priorità del Pd faticano a emergere.
«È vero. C’è una corsa, un po’ veloce e poco discussa al nostro interno, a vivere un’alleanza difficile e di responsabilità verso il Paese con i 5Stelle, come un’alleanza politica tout court. Come se il nuovo bipolarismo contro la destra di Salvini debba essere un polo in cui ci sono le idee dei 5Stelle e le correnti del Pd. Non proprio il massimo. Spero che il Pd abbia più coraggio, ritrovi la bussola riformista e indichi anche in questa legge di bilancio priorità per la crescita del Paese, non solo per tenere in vita un’alleanza difficile».
Dovrebbe investire più sul taglio del cuneo fiscale? 2,7 miliardi sembrano davvero pochi…
«Così com’è il taglio del cuneo è inutile. Bisogna invece dare due segnali. Il primo: una riduzione del costo del lavoro per donne e giovani forte, massiccia. Percepibile. Il secondo segnale, in attesa di fare una riforma dell’Irpef per aumentarne equità e progressività, sarebbe quello di aiutare subito i ceti medi e incentivare chi lavora tagliando di 6 punti l’aliquota del 38%. Anche Togliatti, che era il leader di un partito operaio, aveva la fissa dei ceti medi. Stiamo attenti a non tornare ancora più indietro».
E con quali risorse?
«Ogni punto di quella aliquota Irpef costa 850 milioni: si riducono 6 punti con poco meno di 5 miliardi. Se si facesse la rimodulazione dell’Iva si potrebbero trovare le risorse per farlo. Se invece, per non aumentare il gettito Iva, si rivedranno detrazioni e deduzioni aumentando il gettito Irpef, si finirà per fare l’opposto di ciò che serve».
Lei in passato ha proposto di rinunciare a Quota 100. Conferma?
«Certo. L’idea di far esaurire Quota 100 è un altro esempio lampante della politica da struzzi e non da giraffe. Si dice: “lasciamola, ormai è stata fatta e dura tre anni”. Ma ribatto: costa tanto ed è una misura iniqua. Avvantaggia solo i lavoratori con carriere contributive solide, soprattutto uomini, e nel 2021 creerà uno “scalone” di ben 5 anni. Chi farà la legge di bilancio del 2021, dovrà gestire gli “esodati” di Quota 100: chi è nato a dicembre andrà in pensione a 62 anni, chi è nato a gennaio a 67 anni. Una follia. Facciamo subito un’uscita morbida da quella misura e creiamo strumenti forti e strutturali di anticipo pensionistico per disoccupati, lavori gravosi, persone con disabilità. Con le risorse che si risparmiano in questo modo investiamo sul futuro: un assegno unico per le famiglie con figli e asili. Serve “Quota nido” altro che “Quota 100”. Francia e Italia vent’anni fa avevano lo stesso andamento demografico, ora i francesi fanno figli, gli italiani non più. E questo rende insostenibile anche il sistema previdenziale».
Il daspo per i commercialisti che presentano dichiarazioni mendaci è un giusto giro di vite o giustizialismo economico?
«È una discussione senza senso. Ci sono già molte sanzioni, anche penali, per reprimere comportamenti fraudolenti. E mi fanno sempre paura le norme che partono dalla patologia e non dalla fisiologia. Il nostro sistema fiscale è pieno di norme costruite avendo in mente solo l’idea che ogni contribuente è un evasore. Gli evasori vanno colpiti attraverso la moneta elettronica, la tracciabilità, l’incrocio delle banche dati, ma non possiamo creare un sistema punitivo. Le norme fiscali vanno scritte per la stragrande maggioranza di contribuenti onesti».