Unità

Sulla legge elettorale un’infinita partita a poker

Tommaso Nannicini
Democrazia/#legge elettorale

In tempi di crisi – si sente ripetere – non è certo la legge elettorale a togliere il sonno agli italiani. Può darsi. Ma il disinteresse non nasce dall’indifferenza verso la qualità delle nostre istituzioni democratiche, quanto piuttosto da un dibattito che si ripropone all’infinito senza chiarezza. Da anni, i partiti alternano altisonanti dichiarazioni sull’importanza della riforma elettorale a baruffe sotterranee sulla legge da adottare. Gli italiani hanno l’impressione di assistere a una partita a poker, con tanto di bluff e contro bluff, dove i giocatori pensano più ai propri interessi che alle sorti del Paese.

L’iniziativa di Capodanno del segretario del Pd, Matteo Renzi, ha impresso una svolta positiva. Il partito maggiore nell’attuale Parlamento ha messo le carte sul tavolo, invitando gli altri a fare lo stesso. Renzi si è detto disponibile ad accettare un compromesso su tre soluzioni: 1) un Mattarellum modificato con un premio di maggioranza del 15 percento; 2) un proporzionale corretto con collegi piccoli (alla spagnola), clausola di sbarramento e un premio del 15 percento; 3) un Porcellum modificato con doppio turno, per cui ottiene il 60 percento dei seggi la coalizione che supera una soglia alta al primo turno o, se ciò non avviene, quella che vince il secondo turno tra le due più votate al primo.

Per ora, le risposte all’accelerazione del Pd oscillano tra il tatticismo (la richiesta di voto a maggio di Forza Italia) e la fuga dalla responsabilità (la consultazione online del Movimento 5 Stelle). Ma c’è di più. Per convincere gli italiani a interessarsi di nuovo al tema, tutte le forze politiche, Pd incluso, dovrebbero spiegare quali obiettivi si prefiggono con la riforma elettorale e come pensano di raggiungerli.

Nel caso italiano, ci si può voler porre tre obiettivi: 1) garantire una maggioranza certa in Parlamento; 2) ridurre la frammentazione dei partiti; 3) migliorare la selezione della classe politica. Nessun sistema elettorale può garantirli tutti in un colpo solo. È quindi legittimo avere preferenze diverse. Basta spiegarle. Si ha l’impressione che il Pd, rinvigorito da una leadership che spera di condurlo a una vittoria elettorale, si preoccupi soprattutto del primo obiettivo. E sia quindi disposto a venire a patti sul secondo o sul terzo, con chi gli farà più concessioni sulla governabilità. Berlusconi ha a cuore soprattutto il secondo obiettivo, per fare uno scherzetto ad Alfano, e per questo non disdegna il proporzionale corretto in salsa spagnola, l’unico in grado di ridurre la frammentazione. I partiti minori, ovviamente, di tutto vogliono sentir parlare tranne che di questo, e sperano di arrivare a un sistema incentrato sulle coalizioni (come il Mattarellum o il Porcellum modificati), così da mantenere il loro potere. Nessuno sembra preoccuparsi del terzo obiettivo. Anche se agli italiani, in verità, potrebbe interessare.

Alla luce di questa interpretazione, rimangono alcune domande. Come si è arrivati a individuare questi tre compromessi possibili? Il Pd preferirebbe comunque un sistema uninominale a doppio turno – proposta che, pur non garantendo il primo obiettivo, sarebbe senz’altro la più efficace per ridurre la frammentazione e migliorare la selezione dei politici – oppure vi ha rinunciato, sacrificando questi due obiettivi sull’altare della governabilità? Se invece il doppio turno resta la soluzione ideale del Pd, chi ha posto un veto e per quali ragioni? Siglare compromessi è vitale in politica. Ma non è obbligatorio nasconderne i costi (e le responsabilità) sotto il tappeto.

Affinché anche l’accelerazione impressa da Renzi non finisca nel tritacarne dei tatticismi, è necessario che tutti gli attori politici – incluso il Pd – chiariscano le proprie preferenze di fronte agli italiani. Per queste ragioni, su Linkiesta.it, Vincenzo Galasso, Massimo Morelli, Salvatore Nunnari e il sottoscritto hanno lanciato un appello rivolto a partiti e singoli parlamentari, perché esplicitino le ragioni delle proprie scelte. Basta partite a poker. È il tempo di scegliere una nuova legge elettorale, spiegando i pro e i contro delle opzioni in campo a elettori che tra non molto dovranno usare quella stessa legge per esprimere un gradimento su chi l’ha approvata.